Ciacarare modenese. Due lati della stessa medaglia: il lavorsino e il castrone

Lavorsino: in dialetto lavursèin, ovvero operazione spesso manuale terminata con pieno successo e conseguente soddisfazione. L’utilizzo del termine lavorsino sottolinea implicitamente il rallegramento auto-concesso per aver svolto un lavoro con raffinata perizia, ai limiti della perfezione artistica. Viene spesso usato da omarini nell’agiata condizione di pensionati alle prese con lavoretti casalinghi di accomodamento vario, dalla riparazione di tapparelle ribelli alla stuccatura di muri di sbrisolona violati dalla iconoclastica incapacità di piantare un chiodo per appendere un orrido naif montanaro. Con ‘lavorsino’ quindi si secerne sboroneria autocompiaciuta, alludendo inevitabilmente ad una sottotraccia significante ‘Al so mè che tòt uèter amcherdì un bagiàn, vardè mo’ ech lavursèin ca v’hò caghé…’.

Nonostante il trascorrere del tempo e i cambiamenti epocali sotto il profilo tecnologico e gergale, lavorsino viene volontieri impiegato anche dai giovani in campo digitale o informatico, ad esempio nella frase ‘Guèrda mo’ ech spetàcol ca sun stè bòun ed fér inzèma a Feisbuc! A iò pustè un fotomontàg fàt a màn e adèsa a g’hò tre mèla like…vèmo ech lavursèin…’. Il termine si può utilizzare anche a corredo di commenti di vigoria erotica nei confronti di una prelibata femmina (‘La fiòla ed Gibertèin l’è dvintèda un fàt lavursèin da alchères i sbàfi…Agh darèvv du culpàtt luntèra…’).

Nel vernacolo locale, il contrario assoluto di lavursèin è riconducibile al termine ‘castrone’, ovvero un lavoro mal fatto di evidente grossolana imprecisione. Nell’accezione più pura del vocabolo, il castrone si riferisce alla rammendatura ‘ad cazzum’ eseguita da chi non è in possesso della gnosi necessaria, che per ricucire un piccolo lembo di stoffa lacerata crea un macello orgiastico di fili tra loro ingroppati. In senso lato, castrone si può adoperare pure in campo chirurgico, vedi nell’ esempio ‘A l’usdèl i m’han tirè via ‘na cista gròsa come n’angòria ma i m’han lasè un piò bròtt castròun in d’la panza…’.

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