Pestare una m…: gaffe che suscita imbarazzo, quando si dice, volontariamente o involontariamente, ciò che non andrebbe detto e che sarebbe meglio tacere. Es: ‘Ciao bella! Bèmo vieni qui e fammi vedere quel tatuaggio che ti sei fatta sulla pancia! Enooormeee…’ ‘Scusa ma non è un tatuaggio: sono le smagliature del parto’. Ecco, in questo caso (realmente accaduto) si evince il senso più profondo del pestare una m…, ovvero un gratuito commento per nulla richiesto e che sarebbe meglio tralasciare che però, per un maledetto qui pro quo, va a toccare un nervo scoperto o un motivo di cruccio per chi lo riceve.
Altro esempio (realmente accaduto): ‘Ciao Giorgio cuma stèt?’ ‘Bene grazie!’ ‘Bèmo l’è di àn c’an se vdàm brìsa! Vacca ragàz…vèdet nisùn ed chi ragàz d’na volta ??’ ‘Tès valà… propria aièr a iò vèst Mariòun…tl’ arcòrdet’ realizzando immediatamente che Marione è quello che ha prima trombato a mitraglietta poi scippato, a seguito di sanguinosa separazione, la moglie a Giorgio. Ecco, pure in questo caso si è ‘pestata una m…’.
La m… pestata è quasi sempre involontaria, anzi a volte scaturisce spontanea dall’entusiasmo del momento che può rendere precipitosi e quindi poco avvezzi alla riflessione, come nell’esempio ‘Scusi signor Picca, mi darebbe un passaggio in auto fino alla Pomposa?’ ‘Mi perdoni, ma di che passaggio stiamo parlando…siamo al Foro Boario, ci andiamo a piedi! L’accompagno’ ‘No guardi…preferirei andarci in macchina, se lei potesse…’ ‘ Bèmo sei in chiara?! Siamo a 100 metri, facciamo due passi e siamo arrivati! Cos’hai? Ti tira il c…? Ciài la gamba gigia??’ ‘No, è che… vede la protesi..? Mi manca una gamba…’ Ecco, anche in codesto frangente si può parlare di m… pestata.
Spesso, per un bizzarro gioco del destino, quando si pesta una m… è meglio abbandonare l’agone e levare le tende del discorso, perché se si comincia a cercare di ‘aggiustare’ la gaffe appena prodotta non si fa altro che inanellare compilations di m… pestate. Fidatevi, ve lo dice un esperto.
di Stefano Piccagliani
