Ciacarare modenese: il filone, furbacchione amato da grandi e piccini

Filone (in dialetto filòun): umano persuasivo e pervicace in grado di rimodellare la realtà a suo piacimento allo scopo di raggiungere la propria piena soddisfazione a scapito di quella altrui. Il termine deriva dal francese filon, ovvero vena, riferito a chi trova una miniera d’oro. Il filone è un seduttore nato, un propagandista di se’ capace di tessere tele diaboliche per irretire chiunque passi presso la sua trappola. Caratteristica del filòun è quella dell’evidenza del suo piano, nel senso che chiunque sia dotato di una dose minima di marùga funzionante è in grado di accorgersi delle strategie impuffatorie del filone, eppure al filone è permesso tutto proprio perché, in quanto filone, egli risulta irresistibile. Il filone di solito è già pienamente sviluppato in età scolare, quando riesce a portare a casa degli 8 senza aver studiato anche al cospetto di algide maestre-nazi (al contrario di chi scrive che prendeva 3 anche quando studiava).

Il filone quindi appare platealmente figli’ndrocchia, ma dato che molta gente adora i figl’ndrocchia e ama farsi deflorare, il filone trova spalancate le disponibili gambe di chi vuole farcire. Ne sanno qualcosa certi rigogliosi germogli femminili i quali decidono, davanti allo charme venefico da rettile dell’Eden del filone, di farsi infilonare con entusiasmo fino al giorno in cui ci restano da bestia scoprendo che il filone si infilonava bellamente altre pulzelle. Credete forse che questo le dissuada dal desiderare ugualmente il filone? Per nulla, amigos: passeranno i loro restanti anni a rimpiangere quel filone che le mise in croce e sistemò sulla loro testa una corona di corna. Alcuni filoni non si limitano a scippare il cuore delle ingenue fanciulle ma ne violano anche il conto corrente. Si mettano però il cuore in pace coloro che filoni non sono: filoni si nasce, non si diventa. Chi si improvvisa filone non avendone la struttura genetica, scopre ben presto che tutti lo nasano al primo minuto del primo tempo, negandogli ogni fiducia in ambito di dazione economica o – figuriamoci! – vulvacea.

di Stefano Piccagliani

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