Ciacarare modenese. La delizia massima della nostra gioventù: la pagnotìna

Pagnotìna: panino farcito (anche se ai bei tempi si usava il ben più impattante ‘imbottito’). Per qualche imprecisato motivo, il termine gergale pagnotìna oggi risulta ingenuamente grezzo, vagamente desueto quindi tristemente inutilizzato dalla plebe, dato che gli si preferisce il più nazionale ‘panino’. Ma durante gli spensierati anni dell’Italia andreottiano-fanfaniana che videro protagonista la giovinezza di chi scrive, la pagnotìna segnava davvero un momento topico nella giornata-tipo del cinnazzo vintage. A metà pomeriggio di interminabili giornate estive nel pieno orgasmo delle vacanze, dopo varie ore di disfide pallonare sul rovente asfalto di via Lippi 62 tra due cancelli chiusi che fungevano da porte, ecco che, all’appropinquarsi delle ore 17, si udiva il cigolio di una finestra che si spalancava, dalla quale la voce della mia adorata mamma tuonava come quella di un Del Monaco in un Trovatore: ‘In du èt, stràza d’un imbambì?!? A t’ho preparé la pagnutèina, cretèin…!Tòt al dé per la strèda a immerdèret cun chi éter deficieìnt…Vin a cà e stòdia, ignorànt, sent’vo brìsa dvintèr ‘na bòcia pèrsa come cl’èsen ed tò pèder…’.

Era finalmente giunto il lieto interludio della merenda: sudato, mega-melnetto, odoroso di ascella al ragù, con le mitiche righe nere disegnate nel collo, ecco che prendevo a salire le scale a tre a tre per raggiungere il secondo piano senza ascensore e afferrare quella delizia. La pagnotìna di solito era al salume, salame o mortazza o persiutto, ma per variare poteva presentarsi anche alla marmellata o, delizia somma, alla Nutella, che però in estate ‘scaldava’ un po’ e rischiavi immediati rospetti sulla lingua. A volte, in periodi di pilla, alla mamma poteva tirare l’ano e non avere voglia di prepararla, la pagnutèina, e allora ti mandava direttamente dal droghiere rionale che te la confezionava ‘espresso’, magari in certe pagnotìne spugnose al latte di ardua deglutizione. Innaffiate con una deliziosa spuma al cedro al bar del Don, era la morte loro.

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