Ciacarare Modenese. L’orrido rituale del cenone della Vigilia

Croce e delizia di tutta la bazza natalizia è sicuramente il cenone della vigilia con i parenti. Ci si dividono sommariamente i compiti organizzativi: qualcuno deve metterci la casa, costretto ad industriarsi, proprio nei giorni di festa, per far sì che essa appaia in ordine, pena il disprezzo delle signore invitate (agli uomini non frega un’ostrega, potrebbero mangiare in una cloaca turca).

Alcuni si incaricano di pensare agli antipasti, altri ai primi, altri ai secondi, altri ai dolci e altri al Maalox. I maschi coinvolti si caveranno dall’impiccio dichiarando ‘Noi pensiamo al bere!’. In tale modo si toglieranno dalla grana, limitandosi a riciclare bocce parcheggiate in garage. Le mogli sollevano volentieri gli uomini da incarichi di questo tipo, avendo una considerazione nei loro confronti pari a quella che hanno per i babbuini morti. Per servire un gran cenone ci vogliono le palle e le palle le hanno solo le donne.

La spesa può rivelarsi un problema, dato che è tradizione mangiare di magro. Si tratta di un’usanza religiosa e anche se a tavola si incontreranno atei, pagani, adoratori di Bafometto, luciferiani o accoliti della Dea Kalì, per qualche motivo tutti questi miscredenti si rifiutano di toccare qualsiasi pietanza a base di carnazza. Quindi, essendo la carne verboten, di solito ci si concentra sul pesce (ma il pesce è forse fatto di verdura? Boh…). L’addetta al pesce dovrà prenotare con largo anticipo (in giugno è perfetto) la fornitura di insalata di mare e poi recarsi in uno dei fortunati pesciodromi preposti allo smercio, prendere il numero e attendere il turno per il ritiro, sperando che non abbiano fatto dei casini (cosa che si può sempre risolvere con un omicidio/suicidio).

L’antipasto di solito è quindi a base di quei divertenti mix di gomma al vaghissimo sapore di limone dall’aspetto di polipetti e gamberetti (controllare sempre che non vi sia la scritta Staedler o Pelikan). Poi si passa ai primi, con rezdòre che fanno ganassa e dichiarano: ‘I tortelloni con ricotta e quelli di zucca li ho fatti io!’, il che significa che dietro c’è una pastaia connivente e omertosa che ha approntato i turtlòun (per evitare imbarazzanti confessioni dopo crisi di coscienza, è meglio mettere a tacere per sempre la pastaia). A questo punto c’è gente che si smandibola anche un secondo (di solito puzzolenti pesciazzi da pulire delle spine) e chi invece ha ancora un briciolo di dignità e non vuole finire obesa e costretta a lavarsi a letto con un asciugamano legato ad un bastone quindi passa direttamente ai dolci o alla frutta.

Impressionanti le conversazioni-fiume sulla politica o il football post-taffio, con montagne di gusci di noci che si innalzano sulle tovaglie già violate. Si capisce che c’è accanimento se, durante la porno-crapula, le donne si mettono ad organizzare, a voce alta, il previsto pranzo di Natale e quindi, mentre tu soffochi orrendi rutti, sai che il giorno dopo ti toccheranno otto zamponi con fagioli e lenticchie, altri dolci e altri lambruschi, roba che notoriamente si sfoga da dietro per mesi. Mostruose pile di regali incartati si accatastano in un angolo della sala, regali che in seguito verranno scartati con strabilianti prove attoriali di simulazione di soddisfazione. Rubàza di cui ci si libererà alle riffe dell’Epifania, con una certa soddisfazione.

 

di Stefano Piccagliani

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