Scòmed : scomodo, ovvero performante, capace di grandi prestazioni, eminente, sublime, eccellente. Esempio colloquiale: ‘C’al sturnèl d’ Ibrahimovich l’è un bèl vidlàz, da marchèr in area al dev’èser d’un scòmed…’. Scomodo, quindi, non tanto in quanto aggettivo applicabile ad un divano o a un bidè, ma piuttosto un attributo di esaltazione di particolari qualità, sottolineato da quel d’un di drammatica efficacia, con le quali non è agevole, ovvero comodo, per nessuno venire a patti, esempio: ‘La Sofia Loren a vint àn nuda néda la duìva èser dimandi scòmda…Dio la bendèsa…’. Come si evince, la scomodità di cui sopra non era quindi subita dalla signora Sophia Loren ma piuttosto provocata dalla stessa divinità Scicolonica, a rappresentare la difficoltà di gestione da parte del semplice mortale di quella tracimazione estetica curvacea e mammaria che portava in se’ qualcosa di ultraterreno e quindi di ingestibile. L’umarèll, in completa accettazione della propria pulciosa mediocrità, ammette in un afflato di modestia la sua difficoltà a maneggiare materiale di altissimo livello, dare dello ‘scòmed’ manifesta quindi un’ elargizione di ammirazione notevolissima, si rivela l’ iper-complimento per chi nel proprio campo cammina almeno a due spanne da terra e mangia la minestra in testa agli altri.
L’utilizzo può spaziare in ogni ambito dello scibile umano, dall’ agroalimentare (‘chi turtlòun cla fà c’la spacamaròun d’la mèdra ed mè muièra ìin scòmed dabòun…’), al musicale (‘mè fiòl l’ha mès so un complès ed rock metàlic; i sòunen chi fàn tirèr un càncher, però al baterèsta l’è scòmed…’) per finire con il mitologico-pop (‘John Wayne a s’rà anch stè un fasèsta, però in Sentieri Selvaggi s’lera scòmed…) e il politico (‘Berluscòun ormai l’è un vèc imbambì tìnt cagh bàla la dintèra e al pèinsa sòl a la brògna, però in campagna eletorèl l’è incàra scòmed…’). Se vi danno dello scòmed, quindi, potete tranquillamente pomparvi il petto e il pacco di protervia e boria e fare ganassa da qui fino al Terracielo.
