Ciacarare modenese: un vetusto modo di indicare la farfallina: la sbafiòuna

Sbafiòuna: elegantissimo (vabbè…) termine dialettale in quasi totale disuso atto ad indicare l’organo sessuale femminile (vedi anche brògna, patàca, bernarda, brioche…). Adattato all’italiano suona come ‘baffona’.

Fa riferimento, come si può intuire, alla presenza di non ben definiti ‘baffi’ a corollario della preziosa area che adesso non mi pare il caso di descrivere con troppa perizia… Naturalmente il vocabolo affonda le radici nel passato più remoto, risale a tempi in cui la cura di sè era un lusso che pochi potevano permettersi, quando l’esaltante triangolino femminile si presentava come una graziosa radura tricologicamente provocante (in alcuni casi invece si trattava di un ettaro di intricatissima selva cespugliosa rampicante che se ti cadevano le chiavi di casa là in mezzo non le trovavi più).

Al giorno d’oggi è facile immaginare che il termine abbia purtroppo perso quella vis espressiva che lo caratterizzava, soprattutto presso le giovani generazioni, dato che moltissime tra le suddette ‘radure’ si sono via via trasformate, per banali motivi di andazzo modaiolo occidentale e di business incontrollato di estetiste cinesi, in glabre seppie prive di peluria alcuna, lisce come marmo statuale carrarese, anche in ragione del fatto che certi striminziti tanga perizomatici sfoggiati sugli esclusivi bagnasciuga di amene località V.I.P. tipo Viserbella o Principina Mare, faticherebbero non poco a contenere ciuffi di tale possanza che avrebbero fatto impallidire Little Tony.

Naturalmente si può definire ‘sbafiòuna’ anche una semplice donna munita di mustacchi sul viso, in questo modo rischiando equivoci di notevole caratura, quelle tipiche pelurie sovrastanti il labbro superiore di indefinita allure messicana, facilmente osservabili sulle ghigne di certe rappresentanti del gentil sesso che sfuggono ai dettami dell’apparire e che quindi coltivano felici manubri di pelo di cui andrebbero fieri Frank Zappa o Groucho Marx, come ad esempio varie suorine o certe farmaciste (senza offesa).

 

di Stefano Piccagliani

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