Ciacarare modenese: una protagonista del teritòrio, l’inculenta

Inculenta (in dialetto inculèinta): donna modenese che s’incontra in centro al sabato mattina. L’ inculenta giovane incede sotto il Portico del Collegio come se fosse su uno shit-carpet, spesso con un toy-baby dallo sguardo vacuo e dal cranio spopolato. Mostra un perenne grugno da rottweiler con la cistite, guarda in alto verso invisibili presenze celesti pur di non incrociare il tuo sguardo, se proprio deve salutarti lo fa con un movimento della bocca che ricorda quello di quando si sputa il colluttorio dal dentista, si lamenta ad alta voce di ogni proposta delle vetrine dei negozi di via Emilia, parla al telefonino a voce alta per farsi notare per poi schifare platealmente chi la nota, si esprime in uno strano ibrido imbastardito di pronuncia modenese con cadenza milanese, in particolare evita di emettere la lettera O in quanto, evidentemente, sconveniente, sostituendola con uno strano dittongo ‘OE’ (esempi: ‘Alloera, ti ho aspettato mezz’oera in piazza Roema’ eccetera).

L’inculenta vecchia invece è spesso color torta Barozzi a causa dell’abbronzatura ed è perennemente a dieta. Va ‘a Mòdna’ solo per polemizzare con banchettari dell’ Albinelli o commesse di negozi, spesso e volentieri altrettanto inculente, tirando fuori vaghe mancanze di riguardo nei loro inculenti confronti passate, presenti o future. E’ in balia di permanenti sbalzi ormonali che la inacidiscono e dire che tante volte basterebbe la pastiglietta giusta per smussarne gli spigoli e lenirne l’inculenza. Ma lei ci tiene ad essere tale e non vuole perdere quella sua caratteristica che in tanti casi le permette di ottenere ciò che vuole da tanti probi cittadini, che pur di togliersela di torno sono disposti a tutto. I mariti delle inculente o sono morti giovani (con serenità e gratitudine per il fato al momento del trapasso) o fuggiti a Rio dove conducono dissolute esistenze alla Keith Richards operando il gesto dell’ombrello 24/7 verso l’Italia. Ci sono anche uomini inculenti ma, anche se non lo danno a vedere, di solito sono nuffie.

di Stefano Piccagliani

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