Ciacarare modenese. Unità di misura monetaria: il palo e la gamba

Unità di misura monetaria risalente ai tempi della lira, con particolare diffusione negli anni ’80. Il ‘palo’ corrispondeva al milione di lire – quindi oggi a circa 500 euro e rotti – ma se oggi qualcuno dovesse utilizzare ancora la dicitura ‘mi è costato un palo’ ecco che in tal modo s’intendono 1000 euro. Significativo il senso dell’utilizzo del ‘palo’: il milione di lire’ veniva percepito, soprattutto se speso, come un palo contro cui si andava a sbattere la cabèza.

L’utilizzo del termine scaturiva dal desiderio di conferire un valore tangibile – in questo caso tangibile sulla marùga o sulla ghigna – a qualcosa di metafisico come il denaro. In fondo un milione di lire cos’è? Si tratta di una serie di banconote, o una digitazione elettronica su bancomat, una scritta con firma su assegno o una fila di numeri sul conto-corrente eccetera. Tutte astrazioni convenzionali, prive di realtà. Ecco invece che un ‘palo’ rende benissimo il senso di un’esborso contundente.

Il palo è impattante, certo, ma non quanto la ‘gamba’. La gamba rappresentava – almeno nella mia esperienza – la stessa cifra del ‘palo’ ma in termini ancora più espressivi. Se infatti un qualchecosa costava ‘un palo’ ciò voleva dire andare a ‘stabilirsi’ contro di esso nel cacciare la pilla, ma se invece si diceva ‘è costato una gamba’ ecco che il significato prendeva sfumature più cruente, con la gamba metaforicamente ‘data via’ per ottenere un bene con annesso il sanguinamento fisico ed emotivo per essersene dovuti privare.

Immaginate oggi un padre alla cassa di una boutique della telefonia costretto a regalare alla figlia un nuovissimo Iphone da più di un ‘palo’; immaginatelo alla cassa con la figlia tanto contenta e orgogliosa del babbo il quale, invece di estrarre un’American Express e procedere all’acquisto, si reca direttamente in un ambulatorio attiguo dove i commessi del megastore procedono all’amputazione segandogli a freddo una gamba per poi dire ‘Grazie signore. Se dovessero esserci problemi conservi lo scontrino’.

 

di Stefano Piccagliani

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