Cinema: la recensione di “Freaks Out” di Gabriele Mainetti

FREAKS OUT (2021), di G. Mainetti

Tra i tanti registi italiani, Gabriele Mainetti è uno dei pochi che abbia la voglia e il coraggio di sperimentare. Infatti, dopo il notevole e innovativo “Lo chiamavano Jeeg Robot”, ecco finalmente nelle sale “Freaks Out”, uscito con un anno di ritardo a causa dell’emergenza Covid.

Se nella sua prima opera Mainetti presentava l’universo della periferia romana, in questa pellicola il regista ci presenta una Città Eterna dilaniata dalla guerra e occupata dai nazisti, i quali cominciavano a compiere i primi rastrellamenti degli ebrei. E’ il 1943, Israel (Giorgio Tirabassi) è il proprietario del circo Mezza Piotta, nel quale troviamo quattro artisti circensi con poteri speciali, tra cui spicca la giovane Matilde (l’esordiente Aurora Giovinazzo), capace di produrre elettricità e fulminare chiunque la tocchi. Quando Israel sparisce, cercando dei documenti per scappare in America, i quattro cercheranno una via di fuga attraverso le strade della capitale pullulate da soldati tedesco e, al tempo stesso, tentando di non farsi trovare da Franz (Franz Rogowski), un pianista tedesco con sei dita per mano, anche lui dotato di un potere particolare.

Mainetti, come avvenuto già per “Lo chiamavano Jeeg Robot”, è molto abile ad unire generi diversi e a prendere spunto da lavori altrui. In questo caso “Freaks Out” è un mix tra i film sugli X-Men e “Bastardi senza gloria” di Tarantino, con un pizzico di “Roma città aperta”, ma è comunque un prodotto che funziona. La regia è molto ricercata e curata (splendido il piano sequenza nelle battute iniziali), così come la fotografia, affidata ancora una volta al pluripremiato Michele D’Attanasio, per non parlare della qualità degli effetti speciali, mai ammirata finora in una pellicola italiana. L’unica pecca, forse, è la costruzione dei personaggi: gli unici che vengono esplorati e che risultano compiuti sono quelli di Matilde e Franz, i due lati della medaglia nel racconto. Infine, una menzione d’onore spetta a Max Mazzotta, bravissimo caratterista, che qui interpreta il Gobbo, carismatico capo di un gruppo di partigiani, che si nascondono nelle foreste romane.

di Mattia Amaduzzi

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