Dischi: “Peace Trail”, Neil Young torna al folk-rock di protesta

Neil Young – “Peace Trail”

Neil Young non finisce mai di stupire. Proprio quando sembrava aver trovato nei Promise of the Real la band ideale per sostituire i Crazy Horse, come avevano testimoniato gli splendidi concerti italiani della scorsa estate, il canadese, quasi come un fulmine a ciel sereno, ha pubblicato un album di canzoni scarne e acustiche, registrato in soli quattro giorni assieme a Jim Keltner (batteria) e Paul Bushnell (basso). E “Peace Trail” è uno di quei dischi che ogni tanto Neil Young fa, trascinato dalla voglia di dire qualcosa o di inveire contro qualcuno (le multinazionali in “The Monsanto Years” o George W. Bush in “Living With War”). Album in cui, a volte, il vecchio leone si dimentica della melodia e della canzone vera e propria a vantaggio di invettive quasi improvvisate. Nonostante ciò il disco mantiene un certo fascino, soprattutto in alcuni episodi come il folk-blues “Can’t stop working”, la ritmica da danza Sioux di “Indian Givers” o la più intima “Show Me”, che ricorda i tempi di “Hawks and Doves” e “Harvest Moon”. Non mancano momenti stravaganti, dalla lunga e quasi recitata “John Oaks” alla conclusiva “My new robot”, un mix di folk classico e sperimentazione in stile “Trans”. Sicuramente non il migliore album di Young, ma comunque piacevole e intrigante.

di Giovanni Botti

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