Dischi: “True Meanings”, la svolta roots e intimista di Paul Weller

Paul Weller – “True Meanings”

Non è la prima volta che Paul Weller interpreta o scrive canzoni di matrice folk, “The Ballad of Jimmy McCabe” dalla colonna sonora “Jawbone” ne è la dimostrazione, ma un album interamente basato su strumenti acustici e ballate intimiste era davvero difficile prevederlo. Invece il “Modfather”, dopo un disco più che positivo, ma legato alle sue classiche sonorità, come “A Kind Revolution”, ha sorpreso tutti pubblicando questo “True Meanings”, intriso di umori malinconici e basato su chitarre acustiche, a sei e dodici corde, violini e, qua e la, qualche tromba o sassofono. Una scelta che farà sicuramente storcere il naso ai fans storici dell’ex leader dei Jam e degli Style Council, ma che potrà essere molto apprezzato da chi ama un certo tipo di musica roots. Quattordici sono le canzoni nella track list, tutte dall’andamento volutamente compassato, con riferimenti in alcuni casi a Neil Young (“Wishing Well”, sembra un outtake di “After The Gold Rush”), in altri a cantautori britannici come Nick Drake, che creano un insieme omogeneo certamente affascinante anche se, alla lunga, può stancare. Gli episodi migliori? L’iniziale “The Soul Searchers”, con l’Hammond in evidenza, “Mayfly”, dai profumi roots-soul, e la notturna “Old Castles”. Un album coraggioso e, alla fine, intrigante.

di Giovanni Botti

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