Dove andrà l’America? Ne parliamo con Francesco Costa, autore di un fortunato libro sugli States

“Questa è l’America”, il libro di Francesco Costa, è un long seller del 2020. Uscito in libreria a fine gennaio (Mondadori, pp.204), malgrado i mesi di chiusura forzata e lockdown generalizzato, è sempre stato ai primi posti delle vendite, anche in versione ebook, ed è tutt’ora presente nel dibattito pubblico. Tanto che recentemente l’autore – vicedirettore del giornale online Il Post – l’ha presentato in diretta Facebook per gli incontri con l’autore del Forum Monzani.

Francesco, quando e come è cominciata la tua passione per gli Stati Uniti?
E’ nata per caso, come tante cose nella vita. Ho cominciato a provare a fare il giornalista fra il 2007 e il 2008, e una delle storie di cui si parlava in quel periodo era la candidatura di Barack Obama alle primarie del Partito Democratico. Un personaggio affascinante, carismatico, con tanto entusiasmo attorno, che tuttavia all’inizio sembrava non avere alcuna possibilità di farcela. La classica storia dell’underdog, dello sfavorito che prova a ribaltare il pronostico. La vicenda mi appassionò, di notte seguivo la CNN, cercavo di capire i meccanismi della campagna elettorale americana. Poi quando ho cominciato a fare questo mestiere, sono stato ulteriormente catturato dalla straordinaria influenza che gli Stati Uniti hanno nel nostro mondo: cultura, politica, consumi, costumi.

Come hai sintetizzato un tema vasto come l’America in un libro?
Al di là della fase di scrittura, il libro è il frutto di cinque anni di viaggi negli Stati Uniti, di conversazioni, studi, letture. Dal 2015 produco la newsletter settimanale “Da Costa a Costa, non avevo in testa all’inizio che sarebbe diventato un libro, poi l’anno scorso ho scelto otto storie esemplari degli ultimi 20 anni. Mi sono costruito una sorta di mappa, ovviamente non esaustiva, che tuttavia permette di capire perché oggi succedono alcune cose, come la vittoria di Trump del 2016 che noi tendiamo a spiegarci con alcuni stereotipi.

Racconti l’America profonda, non quella delle coste…
Sì, gli Stati Uniti sono un territorio vastissimo, più della Cina. Quello che a noi arriva è New York, Boston, dall’altra parte Los Angeles con Hollywood. Chi ci va in vacanza visita forse anche i parchi naturali, ma non molto altro. Ma l’America è molto altro: crediamo di conoscerla, ma non è così.

Sotto lockdown, Netflix ha avuto un’impennata di abbonati. Guardare serie americane equivale a conoscere l’America o no?
Secondo me, a costo di volerle andare a cercare, ce ne sono di serie molto rivelatrici. Penso a The Wire, una serie degli anni ’90 su Baltimora e le sue periferie, alla stessa Breaking Bad. Da qualche anno Netflix e le altre piattaforme si preoccupano di restituire un’immagine dell’America più fedele alla realtà.

Tornando al libro, avevi dei modelli o riferimenti? Penso ai libri di Vittorio Zucconi (dai natali modenesi) sull’America…
Zucconi è sicuramente un riferimento. Non tanto per la sua prosa che era inimitabile – nessuno può riuscire a riprodurre il suo modo di scrivere – ma per la sua capacità di raccontare storie collettive attraverso vicende piccole e individuali. In questo Zucconi è stato un maestro e io, che mi sono formato anche leggendo lui, spero di avere imparato a ‘imitarlo’.

Tra Biden e Trump, è l’anno delle elezioni

Se e quando si potrà andare, andrò”, continua Costa parlando degli States. “Questa estate dovevo certamente seguire le convention dei due partiti. Ma ora la campagna elettorale di fatto non c’è: nessun comizio, nessun incontro con gli elettori, mancano pure i porta a porta dei volontari, andare per andare non avrebbe senso”.

Elezioni presidenziali: chi è il favorito ad oggi?
Il fatto che questa campagna elettorale fino ad ora si sia giocata tutta sugli schermi delle tv e degli smartphone, rende ancora più imprevedibile l’esito di queste elezioni. Siamo in mezzo alla più grave crisi economica che vive l’America da un secolo a questa parte, un’epidemia con virus che è ancora lì e che non si sa se andrà a recedere.

Trump?
Trump ha un tasso di popolarità basso. Però più volte in questi anni ha fatto cose che avrebbero soffocato la carriera di qualsiasi politico, ma rimane in gioco. Quattro anni fa molti dicevano “Trump non può vincere”, molti oggi pensano che “Trump non può perdere”. I giochi sono apertissimi.

Joe Biden?
Si è dimostrato durante le primarie più forte di quello che molti – me compreso – pensavano. Ha battuto i suoi contenders con relativa facilità. Pur essendo meno in voga di Bernie Sanders, lo ha battuto molto più facilmente di come Hillary Clinton fece nelle primarie nel 2016. i sondaggi, che vanno presi con cautela, dicono che Biden è in vantaggio, e che può vincere perché è completamente diverso da Trump. La Clinton era molto odiata, e questo ha avvantaggiato Trump. Biden invece sembra abbastanza ben voluto in America.

di Francesco Rossetti

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