Il disco della settimana: “Blackbirds” di Bettye LaVette

Bettye LaVette – ‘Blackbirds’

Pur essendo attiva dall’inizio degli anni ‘60, Bettye LaVette ha raggiunto una certa fama solo nella seconda parte della sua carriera, quella iniziata nel 2003 con “A Woman Like Me” (successivamente anche il titolo della sua autobiografia, pubblicata nel 2012) e proseguita due anni dopo con l’ottimo “I’ve Got My Own Hell to Raise”, prodotto da Joe Henry e considerato tra i migliori album di musica nera del 2005. Successivamente ha pubblicato altri sei dischi, tutti di livello superiore alla media, spaziando tra l’interpretazione di classici del rock britannico (“Interpretations: The British Rock Songbook” del 2010), del folk americano (alcuni episodi di “The Scene of the Crime” del 2007, che vedeva la collaborazione con i sudisti Drive by Truckers) e della musica nera, prima di arrivare allo splendido album tributo all’arte di Bob Dylan, “Things Have Changed” del 2018.

Il nuovo lavoro, “Blackbirds”, vede la 74enne cantante del Michigan tornare a brani più o meno noti della musica black – blues, soul e persino jazz – senza disdegnare qualche evasione nel rock e nel pop bianco (la “Blackbird” di Lennon e McCartney, proposta in una versione intensa e raffinata arricchita da un gioco d’archi mai pesante). La LaVette conferma di avere ancora una voce ruvida, intensa e potente, che le consente di confrontarsi anche con artiste del calibro di Nina Simone e Billy Holiday (una splendida e scura versione del classico “Strange Fruit”, che la Holiday registrò la prima volta addirittura nel 1939). La produzione è affidata questa volta al batterista Steve Jordan, ormai un maestro dei suoni black (era in cabina di regia anche nell’ultimo, ottimo, album di Robert Cray “That’s What I Heard”), che circonda la LaVette con un gruppo di strumentisti di grande qualità.

Tra le canzoni da segnalare anche l’iniziale “I Hold No Grudge”, brano minore di Nina Simone, proposto in una versione particolarmente scura e soul, il blues in stile New Orleans di “Romance In The Dark”, che sembra uscito da un disco di Dr John dedicato alla Crescent City, e la jazzata e pianistica “Save Your Love For Me”, uno degli episodi più affascinanti del disco. Da non perdere per chi ama la musica nera più classica.

di Giovanni Botti

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