
Joachim Cooder – “Over The Road I’m Bound”
Joachim Cooder, classe 1978, californiano di Santa Monica, è un batterista e percussionista di notevole talento ed è figlio d’arte. Suo padre infatti è Ry Cooder, grande chitarrista, arrangiatore e musicologo, titolare di una serie di album di qualità soprattutto negli anni ‘70 (ma anche i più recenti non sono affatto male) oltre che autore di musica da film e scopritore di talenti. Cresciuto con davanti il modello di Jim Keltner, uno dei più importanti batteristi americani spesso collaboratore di Ry, Joachim Cooder ha iniziato la sua carriera suonando nei progetti del padre (ad esempio faceva parte dell’entourage del mitico “Buena Vista Social Club”, l’album del 1997 prodotto da Ry Cooder che fece scoprire al mondo una serie di straordinari artisti cubani) e si è evoluto nel tempo diventando un musicista a 360 gradi.
A dimostrarlo è il suo nuovo album, il terzo come solista, arrivato nei negozi qualche settimana fa. Rispetto ai due lavori precedenti, “Love On a Real Train” del 2012 e “Fuchsia Machu Picchu” del 2018, composti soprattutto da brani strumentali e passati quasi completamente inosservati, questo “Over The Road I’m Bound” è un disco di canzoni vere e proprie in cui Joachim Cooder si dimostra ottimo tessitore di suoni e melodie, ma anche un buon cantante, dotato di una voce decisamente intrigante. “Over The Road I’m Bound” è un disco a tema, dedicato alla musica di Uncle Dave Macon, uno dei padri del country, di cui Joachim reinterpreta dodici brani trasformandoli secondo la sua visione artistica con l’aiuto dello stesso Ry Cooder, ma anche di altri grandi musicisti, su tutti la fantastica violinista Rayna Gellert.
Il sound generale del disco è piuttosto omogeneo, con le percussioni raffinate elaborate da Joachim e un atmosfera contemporary folk che fa capire quanto siano legate la musica popolare irlandese e il country americano. Tra i titoli nella track list segnaliamo la deliziosa “Come Along Buddy” con un coro delicato a impreziosire la melodia, “Tell Her To Come Back Home”, altra splendida ballata con un ritornello da brividi, e la conclusiva e quasi gospel “When The Trains Come Along”. Assolutamente da scoprire.
di Giovanni Botti