Il disco della settimana: “Living on Mercy” il ritorno di Dan Penn, maestro del soul del sud

Dan Penn – ‘Living on Mercy’

Dan Penn, classe 1941, originario di Vernon in Alabama, è noto soprattutto come autore di canzoni cantate da alcuni dei più grandi artisti soul e country, bianchi e neri. Il suo nome è legato in particolare a quelli di Spooner Oldham e Chips Moman, con i quali ha composto classici assoluti del sound del sud, interpretati da decine di musicisti. Ricordiamo ad esempio “Dark End of The Street”, celebri le versioni di James Carr e Joe Tex, ma anche quella proposta nella colonna sonora del film “The Commitments” di Alan Parker, “Do Right Woman, Do Right Man”, interpretata da Aretha Franklin, Joe Cocker e diversi altri, “Cry like a Baby”, hit per The Box Tops nel 1968, e “It Tears Me Up”, registrata anche da Percy Sledge.

Un autore molto prolifico quindi che però a suo nome ha pubblicato pochissimo. Se si eccettuano le raccolte di demo o di registrazioni casalinghe e un paio di live, Penn ha messo sul mercato soltanto tre album: “Nobody’s Fool” del 1973, ormai disco di culto per gli appassionati del genere, il bellissimo “Do Right Man” del 1994 e ora questo nuovo “Living on Mercy” che, a 26 anni di distanza, ce lo riconsegna ottimo autore e interprete intenso e credibile, nonostante i quasi 80 anni. Registrato tra Muscle Shoals e Nashville con musicisti come Will McFarlane alla chitarra, Clayton Ivey alle tastiere, Michael Rhodes al basso e Milton Sledge alla batteria, “Living on Mercy” contiene 13 canzoni, tra ballate soul e mid-tempo tipici del cantautore dell’Alabama.

Il sound è quello più classico del Blue Eyed Soul del Sud degli States, quello in cui certe melodie country incontrano la musica nera e il soul, come è ampiamente dimostrato già dalla title track che apre il disco, una ballata cadenzata e di grande fascino, cantata con pathos dal suo autore. “See You in My Dreams” è un’altra ballata, se possibile, ancora più elegante, mentre “Clean State” è un mid-tempo che potrebbe benissimo far parte del repertorio di miti del passato come Solomon Burke o Percy Sledge. Bellissime anche la slow ballad “Blue Motel” e la conclusiva e intima “One of These Days”, con un coretto gospel appena accennato ad arricchire il tutto. Ben tornato!

(di Giovanni Botti)

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