Il pregiudizio secondo “Apart”: l’intervista al regista modenese Massimo Menchi

Massimo Menchi, già regista del tenero “A.R.”, è tornato con un nuovo progetto, prodotto sempre dall’Associazione Culturale Apart. Il titolo del nuovo lungomentraggio è proprio “Apart”, girato interamente a Modena grazie al lavoro di una troupe di 40 persone e 70 comparse. Il film tratta temi attuali come il pregiudizio e la paura del diverso. Di questo, e molto altro, abbiamo parlato con lo stesso regista.

Massimo, com’è nata l’idea di questo secondo film?
L’idea di “Apart” è nata da un mio soggetto. Ne avevo parlato con il gruppo di “A.R.” quattro anni fa e l’ho tenuto nel cassetto per un po’, anche per pudore, visto che non sono un grande scrittore. Inoltre l’avevo scritto pensando di affidare la sceneggiatura ad una donna, perché avevo bisogno della sensibilità femminile per delineare meglio la storia. Il caso ha voluto che abbia conosciuto, tramite i social, Luigia Pantaleo Rovito, autrice di un bellissimo libro, “La vita di Miranda”, la quale, dopo una lunga chiacchierata, mi ha spinto a spedirle il soggetto. Le piacque subito tantissimo e cominciammo a lavorarci insieme.

Come mai il titolo del film è lo stesso dell’associazione culturale?
Inizialmente si sarebbe dovuto chiamare “A parte”. In seguito abbiamo deciso di intitolarlo “Apart”, perché il suo significato in inglese è più ampio e complesso: può intendere anche separato o diviso. Mentre scrivevamo la sceneggiatura, per diversi motivi, abbiamo dovuto cambiare il nome dell’associazione e quindi abbiamo deciso di chiamarla “Apart” in onore del film che stavamo preparando.

Vi siete serviti di un crowfunding per finanziare questo progetto?
Si, è vero. Parzialmente il film è stato realizzato grazie ad una raccolta fondi, ma anche da finanziamenti di privati. Come associazione si hanno limiti a partecipare a bandi regionali. Il costo reale del film però è incalcolabile, perché tutti hanno lavorato gratuitamente.

Rispetto ad “A.R” però avete fatto un notevole miglioramento tecnico sotto molti punti di vista…
Questo è stato reso possibile grazie ad un ampliamento della troupe. Certo, possiamo e dobbiamo migliorare, però volevo che alcuni ruoli fossero coperti, come quello del fonico e dell’operatore di ripresa. La nostra fortuna è stata quella di trovare le persone giuste, con le quali siamo riusciti a creare un gruppo forte e compatto.

Gli attori presenti nel film provengono dal teatro. E’ difficile passare dal palcoscenico alla telecamera?
Si molto. Basta guardare il lavoro di Enzo Francesca, protagonista sia in “A.R.” che in “Apart”: queste due esperienze gli sono servite molto. Devi lavorarci parecchio perché, come nel nostro caso che abbiamo creato ambienti reali e attuali, devi pretendere che gli attori si tolgano la “patina” ed enfasi teatrale.

Il film mischia molti generi. A chi ti sei ispirato?
A nessuno in particolare. Di certo mi piaceva giocare con lo spettatore, costruendo alcune trappole, come l’indagine. Perché il film non è un giallo, è una commedia, a tratti drammatica.

Il film è stato proiettato sia al Raffaello che all’Astra. Che accoglienza di pubblico ha avuto?
La prima è stata un evento eccezionale, forse maggiore anche di quella di “A.R.”. Alla fine del mio primo film non avevo sentito un applauso così convinto, spontaneo e vero come è accaduto con “Apart”. Inoltre essere stati per tutto un weekend nello stesso cinema assieme ad un film di Polanski è importante (ride).

Avete in programma altre proiezioni?
Speriamo di farne, soprattutto nella provincia di Modena. Abbiamo già preso diversi contatti, alcuni quasi certi. Puntiamo a fare un piccolo tour del film. Questo di certo non ci arricchirà, ma il nostro obiettivo principale è la condivisione e trovare le spinte necessarie per continuare a fare cinema.

A tal proposito hai altri progetti in cantiere?
Assolutamente si. Io e Luigia abbiamo già cominciato a scrivere una nuova sceneggiatura, top secret ovviamente. Credo che non ci allontaneremo mai dalla commedia, cioè dall’ironia che ci contraddistingue. Però cambieremo sicuramente il protagonista e anche il registro.

 

di Mattia Amaduzzi

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