La storia di Rudi ‘zombie buono’: l’intervista al creatore e produttore Vincenzo Malara

Con l’esordio negli Usa sulla piattaforma streaming Xerb.tv inizia l’avventura della serie web ‘Rudi’ in giro per il mondo. Il progetto, tutto ‘Made in Modena’ e girato in città, è finalmente pronto con i tre episodi che compongono la prima mini-stagione. Lunedì 25 novembre, alle 21, ci sarà l’anteprima italiana, con una serata speciale al Victoria Cinema. Per questa occasione, abbiamo intervistato Vincenzo Malara, creatore e produttore della serie.

Vincenzo, com’è nata l’idea di Rudi?
Tutto è cominciato nell’autunno del 2016, quando durante la clip promozionale dell’evento a tema zombie “Ghirlandina Apocalipse” conobbi Christian Terenziani. Grande appassionato di cosplayer, arrivò già vestito da impiegato-zombie e ciò mi diede l’ispirazione per ideare intorno a lui una storia, quella il cui protagonista è uno zombie buono che cerca di integrarsi nella società.

Perché Rudi si definisce un ex infetto e non zombie?
Gli zombie sono sempre stati raffigurati come mostri mangiatori di carne. Rudi cerca di discostarsi da questa immagine, perché è sempre stata una persona buona, anche dopo l’infezione, e cerca in tutti i modi di riprendersi quel pezzo di vita che gli è stato tolto.

A chi ti sei ispirato per questa storia?
L’ispirazione è stata costruita tutta attorno a Christian (Terenziani): ho voluto creare un personaggio buono e goffo. Rudi è stato costruito attorno alla sua persona, e sarebbe difficile immaginare qualcun altro al suo posto. Nel primo episodio i toni sono più da tipica commedia del cinema americano poi, man mano, si fanno sempre più cupi.

Perché hai scelto il format della serie invece che un lungometraggio?
Mi piaceva una struttura ad episodi. Inizialmente dovevano essere 4, ma alla fine abbiamo deciso di ridurre a 3. Inoltre all’inizio era pensato prevalentemente per il web, tant’è che volevamo caricarlo su youtube, affinchè potesse essere fruibile per tutti. Le serie web inoltre vanno molto di moda, quindi un formato di puntate da 20 minuti ciascuno ci sembrava l’ideale.

Modena si presta ad essere scenario per raccontare storie?
Certamente. La riprova è che molte produzioni internazionali l’hanno scelta. Il centro storico è lo sfondo perfetto per raccontare qualsiasi tipo di storia, dalla commedia, alla tragedia all’horror. Non è uno scenario banale e si sposa bene con storie che hanno bisogno di un contesto suggestivo.

Com’è stato girare in Ghirlandina?
Fra poco pubblicheremo un podcast per raccontare questa esperienza. A livello organizzativo è stata la scena più complicata e stressante. Essendo Sito Unesco avevamo limiti e vincoli, e non è facile rispettarli quando devi avere a che fare con decine di comparse. Dovevamo stare attenti ad ogni minimo dettaglio. Però è stato molto bello, stressante ma bello.

Con Terenziani vi siete incontrati per caso, il resto degli attori l’hai scelto tu?
Avevo visto Marianna Folli nello show di Crozza, perciò il personaggio l’ho costruito pensando a lei. In seguito abbiamo fatto molti casting sia per le comparse che per altri attori in ruoli importanti. Lino Guanciale? E’ stata una proposta del regista (Lillo Venezia), che lo conosceva già. E’ venuto sul set di mattina presto, avendo già studiato alla perfezione la sua parte. Mi ha colpito molto la sua umiltà e professionalità. E’ stata una grande esperienza averci potuto lavorare.

All’estero avete avuto un grande riscontro…
Inaspettatamente si. Ho iscritto, quasi per gioco, l’episodio pilota ad alcuni Festival Internazionali: all’estero ci sono molte più possibilità rispetto all’Italia. Abbiamo avuto la fortuna di essere selezionati e di vincere premi che ci hanno messo in contatto con piattaforme streaming e case di produzioni importanti come Premiére.

Quando sarà disponibile in Italia?
Ci sono ancora delle trattative in corso ma, da gennaio 2020, contiamo di trovare la piattaforma per distribuirlo anche da noi.

Che consiglio daresti ad un giovane che abbia la voglia e la passione di produrre qualcosa di suo?
Innanzitutto gli consiglierei di formare una squadra affiatata, magari con amici che facciano già questo mestiere, riuscire a coinvolgere professionisti del settore, ma soprattutto non mollare mai davanti alle difficoltà e credere sempre in se stessi.

 

di Mattia Amaduzzi

 

(ph. Carlo Foschi)

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