Meningite, è possibile vaccinarsi ma non c’è emergenza. Parla il dr Casaletti dell’Ausl

Tutti i casi di meningite, ovunque si manifestino, fanno ormai notizia e la preoccupazione tra la gente aumenta, così come il ricorso ai vaccini. Il Dottor Giovanni Casaletti, del Servizio Igiene Pubblica dell’Ausl, ci spiega la situazione e perché non siamo di fronte a un’emergenza.

Negli ultimi anni quanti casi si sono registrati in regione?
I casi da meningococco C in Italia sono stati 63 nel 2015 (di cui 31 in Toscana) e 57 nel 2016 (28 in Toscana). Nel resto d’Italia non si registra un aumento e, comunque, l’incidenza in Italia resta fra le più basse d’Europa. In Emilia-Romagna, dopo l’introduzione della vaccinazione, i casi si sono ridotti del 65% e si registrano mediamente 3-4 casi l’anno. Non c’è un aumento dei casi da meningococco B, per il quale quindi non c’è motivo di allarme.

Cos’è la meningite e quali le differenze tra il tipo B e C?
Il meningococco è un batterio che alberga spesso in modo silente nella faringe. In alcuni casi può manifestarsi, con un’invasione generalizzata che talora si localizza anche a livello di meningi. Da noi prevale il tipo B, che è un po’ meno aggressivo, se ne parla molto adesso per gli effetti che ha, ma non c’è un aumento nell’incidenza. Nel 2016 in regione abbiamo avuto 10 casi di tipo B, ma nel 2011 sono stati 12 e nel 2003 14, eventi rari.

Quali sono i sintomi e cosa fare se compaiono?
I sintomi inizialmente possono essere febbre alta, malessere, un profondo senso di prostrazione, senso di rigidità alla nuca, cefalee molto intense. Occorre rivolgersi al medico che riesce a dirci se occorre procedere a un ricovero. Per chi è venuto a stretto contatto con un ammalato e ha trascorso molto tempo in ambienti chiusi nei giorni immediatamente precedenti la manifestazione della malattia, ci deve rassicurare anche il fatto che, essendo una patologia particolare, fa scattare da subito un servizio di tutela per la popolazione. Quando c’è un sospetto di meningite, viene avvisato il Servizio di Igiene Pubblica e scatta la ricerca di chi ha avuto contatti stretti con il malato, per offrire una profilassi antibiotica. Questo sistema impedisce i casi secondari, impedisce che chi è stato a contatto con il malato si ammali.

Le categorie più a rischio?
I bambini, soprattutto nel primo anno di vita (6 casi ogni 100.000), ma anche nelle età successive fino all’adolescenza è presente un certo rischio (1 ogni 100.000) e per loro sono state avviate campagne vaccinali contro il meningococco C dal 2006. Dal 2017 è stata introdotta anche la vaccinazione gratuita contro il tipo B per i nuovi nati. Negli adulti il rischio è maggiore sul tipo C, per alcune limitate categorie: chi ha avuto un intervento di asportazione della milza o un trapianto di midollo, chi ha patologie come l’anemia falciforme o la talassemia, chi ha una carenza del sistema immunitario o i portatori di Hiv. Queste persone sono segnalate dai medici e dagli ospedali al nostro Servizio, che propone un programma personalizzato di vaccinazioni esteso alle malattie invasive da Emofilo e Pneumococco.

Se non si appartiene a una categoria a rischio, ha senso vaccinarsi?
Certo, è possibile vaccinarsi contro il tipo C, ma mi sento di dire che, dal punto di vista numerico, non c’è nessuna emergenza. Si può fare la vaccinazione tranquillamente anche nei prossimi mesi. L’Azienda ha incrementato il numero di ambulatori e professionisti per far fronte alle richieste e, rivolgendosi al Cup, si ottiene la prestazione entro tempi ragionevoli, anche se la richiesta adesso è particolarmente intensa, ma ribadisco che non c’è fretta.

di Patrizia Palladino

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