Sound Ciak: la recensione di “Enola Holmes”, con Millie Bobby Brown e Henry Cavill

E’ da tempo ormai che la piattaforma streaming Netflix ha deciso di puntare su un pubblico giovane proponendo prodotti adatti per attirare quel vasto gruppo di adolescenti e quasi ventenni che prende il nome di “young adult”. Per questo motivo, la scorsa settimana, è uscito “Enola Holmes” di Harry Bradbeer, regista conosciuto e apprezzato per “Fleabeg” e “Killing Eve”.

Come si evince dal cognome, la storia ruota attorno alle vicende della sorella dei più famosi Mycroft e Sherlock Holmes, nata dalla penna della scrittrice Nancy Springer (a cui ha dedicato ben sei romanzi) e quindi postuma ad Arthur Conan Doyle. Questa sorella minore dei fratelli Holmes, a differenza della sociopatica e criminale Eurus della pluripremiata serie “Sherlock” con Benedict Cumberbatch, è una ragazza forte, indipendente (il contrario di Enola è Alone, ovvero “sola”), esperta di arti marziali e dotata di un incredibile intuito (evidentemente un vizio di famiglia). E’ stata addestrata e istruita fin da piccola da sua madre Eudoria (Helena Bonham Carter) ad andare contro i canoni e gli stereotipi di genere dell’epoca vittoriana. Quando però la madre, fervente femminista, sparirà misteriosamente spetterà alla giovane Enola ritrovarla, scovando gli indizi lasciategliele dalla persona più importante della sua vita.

Questo film frizzante e leggero, ideale per trascorrere una serata in completa spensieratezza, ha però alcuni difetti importanti. Sicuramente vincente la scelta di Netflix di affidare i ruoli principali a due volti noti della piattaforma come Millie Bobby Brown (“Stranger Things”) e Henry Cavill (“The Witcher”), con la speranza di poter avviare una franchise, dato l’alto numero di romanzi da cui attingere. Se però da una parte il personaggio di Enola sembra essere cucito alla perfezione per il talento grezzo ma indiscutibile della Brown (simpatico anche il fatto di abbattere spesso la quarta parete interagendo con lo spettatore), Henry Cavill non è altro che ‘sé stesso’ che interpreta Sherlock Holmes, data la sua completa inespressività. Inoltre troviamo anche qualche buco nella narrazione, sperando che venga colmato in un ipotetico sequel.

 

di Mattia Amaduzzi

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