Contro la malattia insieme: l’intervista al regista Cristiano Regina

In un appartamento a Modena, fornito dal Comune, si svolge un progetto che sperimenta da quasi due anni un modello di coabitazione per anziani malati di Alzheimer. Si tratta di “Ca’ Nostra” su cui da poco è stato realizzato un documentario. “Questa terribile malattia è in continuo aumento – ci spiega Cristiano Regina, autore del film – nel mondo si stimano circa 47 milioni di persone affette da demenze, e l’Italia risulta all’ottavo posto per il numero di persone colpite”.

Cristiano, come ti sei avvicinato al mondo del documentario?
Il cinema mi ha cambiato la vita. Ricordo ancora i film come “L’attimo fuggente” e “Arrivederci ragazzi”, che una mia insegnante ebbe il coraggio di farci vedere in classe. Fu allora che capii che esisteva una finestra sul mondo che poteva farmi vivere mille vite, farmi piangere, battere il cuore, innamorare. Nel 2008 ho partecipato a un corso di cooperazione internazionale e ho fatto uno stage di un mese e mezzo in Etiopia con l’associazione Moxa. Una volta tornato a Modena, ho fondato l’associazione Voice Off, che si occupa, tra le altre cose, della realizzazione di film documentari e laboratori di video partecipativo.

Rimani tu stesso coinvolto nelle storie che racconti?
Per me è imprescindibile l’instaurarsi di una relazione e l’immergersi totalmente, in prima persona, nelle storie che racconto. Nel documentario si può udire spesso la mia voce, le persone anziane nell’appartamento spesso si rivolgevano a me facendomi continue domande, come spesso accade con questo tipo di demenza. Inizialmente intendevo eliminare in fase di montaggio queste parti poi ho capito che facevano parte del film e non potevo prescindere dal raccontare anche la mia presenza nella storia.

Quanto lavoro è stato necessario per la realizzazione di questo documentario?
Ho impiegato due anni per la realizzazione del documentario. I primi mesi, senza la presenza della telecamera, sono stati necessari per conoscere le persone coinvolte nel progetto. Era importante, per la delicatezza della situazione, riuscire ad ottenere la massima fiducia ed essere totalmente onesti. Poi le riprese sono durate un anno, mentre il montaggio, la parte forse più difficile, ha impiegato sei mesi di lavoro. Il tutto realizzato in solitaria, in modo autarchico, senza l’ausilio di una troupe.

Qual è il momento che ti è rimasto più impresso?
Sono stati tanti i momenti forti di questa esperienza. Il momento più commovente è stato quando Adriana, una delle signore che abitano a Ca’ Nostra, ha ripreso a suonare il pianoforte, una sua antica passione. Un giorno, senza alcun preavviso e senza che nessuno glielo chiedesse, iniziò a suonare a fatica, con una mano, prima il notturno di Chopin e poi la canzone “Non dimenticar che t’ho voluto tanto bene”.

Dove può essere visto il tuo documentario?
Movieday, una piattaforma web che ti permette di organizzare proiezioni nei cinema di tutta Italia, ha scelto “Ca’ Nostra” e lo ha inserito nel suo catalogo. Il film quindi sarà distribuito in tutti i Cinema che aderiscono a questa rete innovativa, e saranno gli spettatori stessi a richiedere una proiezione: se l’evento raggiunge una soglia minima di partecipanti, allora la proiezione viene confermata.

di Francesco Palumbo

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