Dispute rinascimentali: ne parliamo con Fabrizio Stermieri

Nel suo “Machiavelli, Guicciardini e la Repubblica degli zoccoli” (Elis Colombini editore), Fabrizio Stermieri racconta una pagina di storia italiana poco nota che vede protagonista il nostro territorio. L’epoca? Siamo in pieno Rinascimento, a Carpi, nel 1521.

Stermieri, da quanto tempo aveva in mente questo libro?
Praticamente da sempre mi interesso della storia di Carpi e ne ho trattato molte volte, sulle pagine dei quotidiani locali in occasione di ritrovamenti archeologici, restauri di monumenti o commentando i saggi storici di altri studiosi di cose carpigiane. Il libro sulla Carpi di Machiavelli l’avevo in testa da tanto tempo, da quando lessi su Il Giornale Nuovo la risposta di Indro Montanelli a un lettore (carpigiano anche lui, ma non ricordo a che riguardo) che citava in chiusura proprio le parole, non lusinghiere, del segretario fiorentino nei confronti di Carpi (“deserto d’Arabia”) e dei miei concittadini (falsi e bugiardi).

Quanto lavoro di ricerca e stesura le ha richiesto?
Ci ho lavorato, a fasi alterne, un paio d’anni, recuperando fonti di non facile accesso, anche se in parte già note.

Racconta e analizza un retroscena intorno al Capitolo dei Frati Minori del 1521: perché nel titolo parla di “Repubblica degli zoccoli”?
Sono Machiavelli e Guicciardini, altro protagonista di quel periodo, a definirla così: una Repubblica di frati, a causa del Capitolo Generale (una sorta di concilio ecumenico dei frati minori osservanti) che in quell’epoca, a causa degli zoccoli che portavano ai piedi in segno di umiltà e di povertà francescana, venivano definiti per l’appunto “zoccolanti”.

Quali erano i dilemmi in cui si dibattevano i francescani all’epoca?
Intanto il problema ricorrente della povertà della Chiesa. Nel puro spirito di San Francesco molti di loro propugnavano una vita povera, mentre la Chiesa del tempo navigava nell’opulenza delle alte gerarchie, con il Papa perennemente in conflitto con le potenze europee per affermare il suo primato, anche temporale. Non bisogna dimenticare che in quegli stessi giorni a Worms si consuma il dramma dello scisma luterano che prendeva le mosse dall’esigenza di riportare la Chiesa all’originaria purezza e povertà evangelica, tema più volte sottolineato, prima e dopo lo scisma, nel seno della Chiesa cattolica.

Com’era Carpi nel 1521?
Una piccola “terra murata”, con al centro il suo antico castello in via di trasformazione in un palazzo rinascimentale. Siamo nel pieno del possesso di Carpi da parte di Alberto Pio, principe di grandi vedute, che non esita a lanciare un programma urbanistico ambizioso: completare il cerchio delle mura urbane, completare il tempio di San Nicolò (dove il Machiavelli incontrerà i frati del Capitolo per portare a termine la sua missione diplomatica affidatagli dalla Signoria di Firenze, ma non ci riuscirà), gettare le fondamenta della nuova Collegiata, quella che due secoli dopo diventerà la cattedrale di Carpi. Pochi abitanti, molti frati.

Machiavelli è un faro nella storia del pensiero, fondatore della politica come scienza autonoma: che c’azzecca (per dirla alla Di Pietro) con ambienti e dispute di ordine religioso?
Ecco, che c’azzecca? Lui che era stato ambasciatore di Firenze alla corte dei potenti dell’epoca, a Carpi proprio non ci voleva venire. Ma usciva da un periodo nero, lo avevano messo a riposo e ogni offerta per rientrare nel grande giro della politica gli andava bene. Venne a Carpi per sostenere la causa di Firenze nella separazione dei conventi francescani fiorentini da quelli della più vasta “provincia minoritica della Toscana”, per affermare l’indipendenza di Firenze e metter le mani sui beni dei frati.

Stermieri, Guicciardini fu governatore di Modena: che relazioni correvano all’epoca fra Carpi e Modena?
Nel venire a Carpi, Machiavelli si incontra a Modena con il Guicciardini (altro gigante della letteratura italiana) che reggeva in quel tempo il governatorato della città.
Modena era stata resa assieme a Reggio al governo pontificio, ma l’autorità del governatore si estendeva di poco oltre le mura della città. Molti signori, padroni dei castelli della pianura e della montagna (i Pio, anche, ma poi i Rangoni e altri ancora), facevano di tutto per metterlo in difficoltà. Modena resterà della chiesa sino a quando non fu “scambiata” con Ferrara e divenne poi “estense”.

Il libro offre anche l’opportunità di riscoprire una figura carpigiana poco nota: Sigismondo Santi…
Un medico ferrarese, pare, che fu per molti anni segretario e amico del principe Alberto, lo seguì nel suo peregrinare fra Roma, Blois, Parigi, Trento e Vienna, al servizio del re, dell’imperatore e del papa. Venne nominato cavaliere, godette l’amicizia personale di papa Leone X Medici e fu colui che ospitò nel suo palazzo a Carpi il Machiavelli nelle su tre giornate carpigiane.
Spirito arguto e sagace, comprese subito che il fiorentino intendeva burlarsi di lui e dei suoi ospiti facendosi inviare “fakes news” dal Guicciardini con tanto di corrieri speciali. Fece una brutta fine: assassinato sulla strada di Francia mentre recava messaggi segreti del papa e del suo padrone.

di Francesco Rossetti

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