Io, Ferrari, Senna e la Terra dei motori: l’intervista all’ingegner Mauro Forghieri

Sulla Ferrari sono stati scritti fiumi di parole. Un mondo tanto affascinante quanto irraggiungibile, realmente comprensibile solo a chi l’ha vissuto in prima persona. “Da ragazzo stavo per andare in America – ci spiega Mauro Forghieri, uno tra i più grandi ingegneri nella storia della Formula Uno – ma il mio destino era a Maranello”.

Come si è avvicinato al mondo Ferrari?
Tra la famiglia di Enzo Ferrari e la mia c’è sempre stato un legame. Non dimentichi che Modena era praticamente un villaggio, a quei tempi era normale conoscersi tutti. Quando ero ragazzo le mie aspirazioni erano nel mondo aeronautico, per questo motivo andai a visitare la Northrop, un’importante azienda americana del settore. Ma Ferrari aveva altro in mente. Parlò con mio padre Reclus, che da anni era uno dei motoristi più autorevoli del reparto corse, e gli disse che mentre aspettavo di capire cosa volevo fare, sarei potuto andare a parlare con lui. Feci quella chiacchierata e rimasi legato al marchio Ferrari per 28 anni.

Ferrari, Lamborghini, Bugatti. Lei ha conosciuto tutte queste realtà. Quali sono gli elementi fondanti, capaci di renderle dei marchi riconosciuti in tutto il mondo?
Credo che il segreto stia nei modenesi, capaci di innamorarsi della propria ditta, sposandone completamente gli obiettivi e l’ideologia. E in questo ambiente, con questo tipo di lavoro, si può ottenere qualunque risultato.

Quanto è cambiato il lavoro di innovazione in Formula Uno?
Al momento è possibile fare la differenza nel piccolo. Non ci sono più enormi rivoluzioni, ma grazie ai mezzi moderni, molto più raffinati e avanzati che in passato, è possibile essere innovativi nel piccolo, che a questi livelli può fare la differenza.

Abbiamo da poco superato i 15 anni dall’incidente di Senna, cosa ricorda di quel giorno?
L’incidente di Senna è stato un terribile colpo per tutti. In più devo confessare che, proprio alla vigilia di quell’incidente, io e Senna parlammo di un suo possibile futuro alla Ferrari. Mi chiese cosa ci voleva per venire a correre con noi. Io risposi che bastava organizzare un incontro con Enzo Ferrari e che sarebbe stato sicuramente felice di incontrarlo a questo riguardo. Lui era convinto di venire, ma evidentemente non doveva andare così.

Quanto è cambiata la sicurezza in pista da allora?
Oggi va sicuramente meglio. L’ultima novità introdotta dalla FIA è l’halo. Si tratta di un sistema di protezione che consiste in una barra curva posta a protezione della testa del pilota, che rende le macchine da formula uno sicure quasi quanto le autovetture chiuse.

Cosa manca, secondo lei, alla Ferrari di oggi rispetto a quella vincente del passato?
Credo che la macchina sia all’altezza delle rivali. Il problema è che tra le altre scuderie si trova il più forte pilota di questi tempi. In questo momento la Mercedes dispone di un pilota molto veloce, che ha grinta, che commette pochissimi errori e che sa accettare quel po’ che gli viene detto. Una combinazione davvero temibile.

Com’era il suo rapporto con Enzo Ferrari?
Il nostro rapporto è sempre stato di reciproco rispetto. Ricordo ancora che all’inizio della mia carriera, quando gli feci presente alcune problematiche personali, lui mi disse in dialetto di dedicarmi al mio lavoro e che lui mi sarebbe sempre stato vicino. Ha mantenuto quella promessa, fino al momento in cui ho capito che stava morendo e ho dato le dimissioni. Quella volta parlammo molto e, anche se non le posso dire cosa ci dicemmo, se accettò le mie dimissioni fu perché capì che il suo periodo in Ferrari e di conseguenza il mio, erano conclusi.

Tra i tanti piloti con cui ha lavorato, ne ricorda qualcuno con particolare affetto?
Per quello che ha significato per la nostra squadra e per le vittorie, direi Lauda, al di là di quelle che potevano essere le sue capacità di collegarsi con gli altri. Ma non posso non ricordare Chris Amon, che ha saputo darci quanto di meglio si può avere da un pilota in termini di sensibilità. Era un uomo che non sbagliava mai, e per noi è stato di grande aiuto.

 

di Francesco Palumbo

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