“La donna è mobile”, il nuovo romanzo di Claudio Gavioli

Verdi l’è mort!” grida Rigoletto nella scena di apertura del “Novecento” di Bernardo Bertolucci. E proprio dal Maestro di Busseto e da una delle sue opere più celebri, Claudio Gavioli, medico con il dono della scrittura, ha preso spunto per il suo nuovo romanzo “La donna è mobile”, uscito per i tipi di ArteStampa (180 pagg. 16 euro).

Gavioli, perché ha ambientato la vicenda nel mondo della lirica?
Perchè è una delle mie grandi passioni. Come del resto lo è anche scrivere. Volevo raccontare un mondo che mi affascina. Mi sono divertito a documentarmi sulla storia di Verdi, che considero uno dei massimi artisti dell’800 italiano, e a scrivere un romanzo a partire da queste suggestioni. Rigoletto poi è considerato la vera svolta della produzione verdiana. Gli anni che vanno dal 1843 al 1850 sono per lui un periodo di lavoro incessante, i cosidetti “anni di galera”. Compone “Macbeth”, “I due Foscari”, “Nabucco”, ma nessuna di queste opere raggiunge la perfezione stilistica e musicale conseguita con il Rigoletto.

Verdi nell’800 è per la cultura popolare italiana l’equivalente del romanzo in Francia, Inghilterra, Russia…
È vero, e in questo libro volevo sollecitare anche una riflessione che Verdi ha condensato a livelli altissimi il teatro cantato, il cosidetto recitar cantando. Ovvio, il trio del bel canto (Rossini, Bellini, Donizetti) raggiunse livelli altissimi, ma una fusione così perfetta di Verdi non era mai stata raggiunta. Del resto Verdi riempiva le partiture di annotazioni registiche. Da anziano voleva venir ricordato come un uomo di teatro, più che come musicista. Detto ciò, il mio non è un saggio, la lirica è il pretesto per raccontare una storia.

Il romanzo inizia con dei vocalizzi…
Sì, e devo ringraziare Raina Kabaivanska per avermi fatto assistere a diverse sue lezioni di canto. Nelle prime pagine in fondo descrivo quello che ho visto. Un lavoro sulla respirazione, sul diaframma e l’emissione vocale.

I protagonisti sono Paolo e Francesca, un baritono e una soprano. Che tipo di relazione c’è fra loro?
Paolo ha 56 anni, lei è invece molto più giovane. Sono sposati e attraversano una tipica crisi matrimoniale. Preparano il Rigoletto nelle parti principali. Man mano che le prove vanno avanti, si trovano a vivere nella vita reale le stesse situazioni dell’opera. La loro è un’identificazione totale, ma anche involontaria, con i personaggi, con tutte le “sfighe” connesse, perché il Rigoletto è una storia cupa, gotica. Il romanzo si fa via via un po’ surreale, potrebbe definirsi una storia bislacca, nell’accezione di Bontempelli. Fino a un finale ovviamente a sorpresa.

Dev’esser dura vivere di musica lirica oggi, vero?
Durissima. Un cantante lirico moderno dev’essere uno che governa la voce come uno strumento, deve conoscere benissimo la musica e il periodo storico in cui è stata composta, dev’essere un attore. Oggi è impensabile la recitazione anche solo di trent’anni fa con i cantanti che urlavano rivolti al pubblico, senza tener conto che stavano interpretando personaggi che magari stavano morendo in scena di tubercolosi. Oggi, insomma, c’è un’attenzione maniacale a tutto.

Anche Pavarotti veniva criticato per una supposta scarsa espressività…
È discutibile. Qualcuno parla invece di una sua dote naturale nel recitare, per esempio nella Boheme. Luciano ha inoltre il merito di aver dato timbro nitido e chiarezza alla dizione, si capiva perfettamente quello che cantava.

Gavioli, lei è un medico. Tra medicina e letteratura corre buon sangue, storicamente, vero? Cechov, Céline…
Credo che in effetti scrivere faccia bene alla mia professione di medico. I medici a volte lavorano in modo fin troppo distaccato, concentrati sul tecnicismo, mentre secondo me è fondamentale nutrire una curiosità verso le vite degli altri, una predisposizione all’ascolto.

Quando trova il tempo per scrivere?
La sera, nei weekend. Vorrei poterlo fare di più, addirittura magari a tempo pieno, anche se so che in Italia è una follia, saranno giusto una quindicina gli scrittori che vivono di questo mestiere.

Cosa legge, oltre alla letteratura medica e scientifica?
Di tutto, sono onnivoro. I classici e la letteratura contemporanea. Ho appena finito di leggere per la prima volta “Guerra e pace”, ci ho messo cinque mesi. L’anno scorso era toccato a “Anna Karenina”. Mi piace molta letteratura italiana, mentre il cinema nostrano, a parte Sorrentino e Garrone, proprio non lo amo. Tra gli scrittori italiani mi piacciono Lorenzo Marone, che ho presentato anche un paio di volte a Modena, Veronesi, Ammaniti. Soprattutto Alessandro Piperno; dalla lettura dei suoi libri ne esco sempre con una lezione di scrittura.

Il Premio Nobel a Dylan è giusto o no?
Non lo amo in modo particolare, ma che i testi della musica siano letteratura, di questo sono più che convinto.
La scelta di Stoccolma è pienamente legittima. (f.r.)

Di Francesco Rossetti

WP-Backgrounds Lite by InoPlugs Web Design and Juwelier Schönmann 1010 Wien