“La musica? E’ gioia!”: l’intervista alla cantante Anna Palumbo

Il primo disco di Anna Palumbo arriva dopo anni spesi a elargire talento e solarità a un ampio ventaglio di progetti musicali. Un lavoro che si compone di nove tracce e una prima curiosità nasce proprio dal titolo: “Davvero”.

Anna, come l’hai scelto?
E’ venuto spontaneo. Mi piaceva come forma di esortazione a me stessa a fare qualcosa di mio, davvero. Sono tanti anni che collaboro con tante realtà musicali, compresi i progetti teatrali. Nel corso del tempo ho messo da parte miei brani originali. Alcuni avevano preso forma anni fa insieme a Tommy Togni, l’autore di diversi testi. Altri con Avenida Sud e con la Classica Orchestra Afrobeat.

Sei una polistrumentista, la tua voce s’innesta in un universo musicale molto sfaccettato…
E’ così, è un disco molto contaminato dalla musica popolare, che a me piace molto e da cui provengo, dalla conoscenza della musica popolare africana e di quella brasiliana, poi dalla canzone salentina, dal tango, eccetera. La scoperta ultima è stata quella di voler usare la mia voce per interpretare le canzoni che avevo scritto.

Hai aggiunto anche la voce a tutti gli strumenti che già suoni. A che numero sei arrivata?
Sono partita da strumenti a tasti: il pianoforte, la fisarmonica, quindi il balafon, il Thumb Piano, un pianoforte a dita simile a una kalimba, e l’ultimo arrivato, lo N’goni, regalato da un’amica. E’ una zucca con un bastone, una sorta di piccola arpa africana. La calebasse invece è una percussione africana, ma l’elenco potrebbe davvero diventare molto lungo.

Cos’è la musica per te?
La musica è gioia, è una mia convinzione profonda. La gioia è l’emozione che chi suona e chi ascolta spera di produrre. Se non è gioia, la musica è quello che per il naufrago è la zattera, un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi anche in momenti non semplici che ognuno di noi attraversa nella propria vita. Per me è salvifica, mi ha tenuta ancorata alla vita e alle cose positive.

A che età hai cominciato a sentirti a tuo agio con la musica?
Presto. Nell’infanzia. Mio papà suonava la chitarra e il pianoforte per hobby. Suo nonno (mio bisnonno) era liutaio. Costruiva mandolini e ne ho ancora uno dei suoi. Il ramo della passione per la musica è ben presente nella famiglia. Mio papà, dirigente dell’Inps, aveva messo un pianoforte in casa per vedere se qualcuno dei figli ci si sarebbe appassionato spontaneamente. Quando ero piccola, mio papà ascoltava musica classica in salotto, e io mi mettevo in piedi sul divano a mimare il direttore d’orchestra. Una sensazione che mantengo molto vivida.

Poi ti sei anche laureata in ingegneria. Hai messo da parte la musica per un periodo?
C’è anche una forte componente scientifica nella mia famiglia. Mia mamma insegnava matematica e fisica, le mie sorelle si sono laureate in materie scientifiche. Essendo portata per la matematica, è stato naturale per me proseguire in quel tipo di studi all’Università. Quando ho finito mi sono resa conto che quel ruolo che sarei andata a incarnare non lo sentivo mio. Solo strada facendo scopri che alcune cose non ti corrispondono mentre ce ne sono altre che ti corrispondono di più.

Dove si può acquistare il tuo disco?
A Modena da Dischinpiazza (piazza Mazzini), alla Casa della Musica (via Cesari) e alla libreria La Scienza dei Magi (viale Storchi), oppure sulle varie piattaforme digitali.

I tuoi prossimi impegni?
A maggio sarò a suonare fra la Francia e la Svizzera, mentre nella prima metà di giugno ho tre date di ‘solo concert’ in Germania. In estate conto di tornare in zona a suonare.

Sei modenese? Hai un buon rapporto con questa terra?
Sono nata a Bari, ma ho trascorso la mia infanzia a Matera. Quando avevo 10-11 anni, la mia famiglia si è trasferita a Modena. Mi ci trovo bene, è la realtà dell’Emilia Romagna a offrire stimoli e possibilità di conoscere persone con cui crescere e confrontarsi.

Qualche tuo riferimento musicale?
Ora uno dei primi gruppi di riproposizione della canzone popolare salentina che sono i Ghetonia, che in greco significa ‘vicinato’. Loro sono di Calimera, in provincia di Lecce. Uno di loro canta e suona nel Canzoniere Grecanico Salentino, gruppo molto in voga oggi. Poi i Beatles, per le melodie. Per la musica classica Debussy. Quello che fa con il pianoforte nella sua epoca è un’avanguardia straordinaria anche per i tempi attuali.

Che musica ascolti?
Molta musica classica. Per rilassarmi, anche prima di andare a letto. Una sorta di rilassamento, di stacco dalle emozioni della giornata. Ma anche il pop, il cantautorato, anche gli africani, da Fela Kuti a Stella Chiweshe, la regina della Mbira.

La musica? La scarichi in internet, la senti in macchina?
A me piace molto il cd, e mi dispiace che nelle nuove auto non ci sia già più il lettore. Di solito vado ai concerti e se quello che ho sentito mi è piaciuto, di solito compro il disco. E’ una forma di riconoscimento verso chi si esibisce che mi piace. E’ successo l’anno scorso con Paula Morelenbaum, con Carmen Consoli, etc.

 

di Francesco Rossetti

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