L’angelo azzurro che perse le ali: l’intervista allo scrittore Fabiano Massimi

Si legge tutto d’un fiato, pagina dopo pagina, sul filo di una vicenda thriller ben ancorata a un’epoca storica. Forse è per questo che sta andando letteralmente a ruba in libreria, “L’angelo di Monaco”, il nuovo romanzo del modenese Fabiano Massimi (nella foto), pubblicato da Longanesi.

Fabiano, chi era Geli, la protagonista del libro?
Si chiamava Angela, ma veniva chiamata Angelica o anche Geli. Era la figlia della sorellastra di Hitler, per parte di padre. Aveva perso il padre a soli due anni e lo “zio Alf” ne era diventato il tutore legale. Segni particolari? Era di una bellezza straordinaria; l’anima delle feste, con una voce da usignolo. Poco più che ventenne era andata a vivere a Monaco, nell’appartamento di Hitler, dove venne ritrovata morta nel settembre del 1931, a soli 23 anni, in circostanze misteriose.

Come ti sei imbattuto in questa storia? E come ha preso forma l’idea di farne un romanzo?
È stato un caso ed è stata la decisione di un istante, mentre leggevo un romanzo storico di Robert Harris: “Monaco”. In poche righe compare la stanza di questa Geli Raubal. Ho voluto chi si celasse dietro questo nome. E scopro che Hitler aveva una nipote, a cui era affezionatissimo e forse anche qualcosa di più. Che è morta suicida in una stanza chiusa da dentro, nella stanza di Hitler e con la sua pistola. E’ scattato qualcosa. Ho iniziato a fare ricerche: in italiano c’era poco. Ho accumulato libri, ho viaggiato: a Vienna, a Monaco, nei luoghi che avevano a che fare con la vicenda di Geli. Scavando, sono saltati fuori i verbali, le testimonianze e gli articoli di giornale dell’epoca. Ho sentito una connessione fortissima con lei: dovevo raccontare la sua storia. E mi sono ritrovato nel mio genere: perché nei fatti è davvero un thriller.

Hitler che parte ha nella vicenda?
Adorava la nipote. Essendo un appassionato di operetta, le pagava i migliori maestri di canto perché la indirizzassero a una carriera di cantante. Dopo il ritrovamento del corpo, Hitler scomparve per tre giorni. Nessuno sapeva dove fosse. Meditò il suicidio. Per una settimana fu una concreta possibilità, sia temuta dai suoi che incoraggiata dai suoi nemici.

Si può parlare di rapporto incestuoso fra Geli e lo zio?
Era un rapporto molto chiacchierato, con voci che giravano già a quel tempo. Del resto ci furono molte donne che per Hitler si uccisero. Rispetto a lui si è parlato di triangoli, di omosessualità… Ci sono testimonianze forti che vanno in una direzione, ma è un thriller, è bello scoprirlo leggendo… Certo è che Geli si sentiva in gabbia e si sentiva disperata.

Quando nominiamo Hitler, ci vengono i brividi…
Perché lo identifichiamo giustamente come il male assoluto del ‘900. Un male banale… non era neanche malvagio, era, come Gide disse di Simenon, “un idiota di genio”. Una specie di Zelig, capace di plasmarsi sull’oratorio, ma non aveva grandi idee sue. Certo è che con un suo gesto estremo in quei giorni, la storia avrebbe preso un altro corso.

Geli era conosciuta anche dagli altri gerarchi nazisti?
Sì, perché Hitler se la portava nelle riunioni di partito.

Nelle ultime pagine del tuo libro c’è una nota dell’autore, in cui dici che il romanzo è una specie di risarcimento per la memoria di Geli. E’ così?
In un certo senso sì. Quelle pagine le ho scritte quasi subito. A un personaggio così, ma anche a un’intera epoca, devi anzitutto rendere giustizia. Non puoi tradire quello che sono stati realmente. A me interessava rimettere in circolo questa storia di Geli. Restituirle luce.

Ci sono somiglianze fra l’oggi e quell’epoca?
Molti le ravvisano, è vero. Sono entrambi periodi di crisi democratica. Il problema è che noi viviamo sempre immersi come pesci nella boccia d’acqua del nostro tempo e non ci rendiamo conto del grado di cottura a cui siamo arrivati.

Il meccanismo del potere è quello di lasciarsi dietro morti e feriti nella sfera del privato: è così? Anche la biografia di Mussolini va in tal senso…
Accidenti, sì. Certo però che la quantità di morti e feriti che si lasciò dietro Hitler è raccapricciante.

E dell’angelo Geli, cosa è rimasto?
Fotografie in bianco e nero, un meraviglioso ritratto che si trova alla Library of Congress come bottino di guerra. E nient’altro. C’è un mistero che riguarda anche la sepoltura di Geli. Il suo corpo venne chiuso in una bara di zinco e spedito via treno in Austria. Dopo il funerale, in pompa magna, la sua sepoltura a Vienna venne completamente abbandonata, anche dallo zio adorato, anche dalla famiglia, e nessuno si è mai spiegato perché. Oggi il suo corpo è disperso.

Il romanzo è già stato tradotto in dieci lingue, tra cui il francese e lo spagnolo world wide. Si sta discutendo per la versione inglese. Venerdì 24 gennaio alle 21 verrà presentato a Modena, alla libreria Mondadori della multisala Victoria (con Sarah Savioli) mentre a Carpi martedì 28 gennaio l’appuntamento è alla libreria La Fenice (con Aldo Arbore).

 

di Francesco Rossetti

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