Modena Ieri & Oggi: Alfonsina Strada, l’unica donna che corse il Giro d’Italia

Quanti appassionati di ciclismo avranno gioito per uno scatto di Pantani o una volata del “Re Leone” Cipollini o sognato con le vecchie immagini in bianco e nero delle scaramucce sportive tra Coppi, Bartali e Magni! La storia del Giro d’Italia è fatta di momenti come questi, di sudore e fatica, di grandi imprese e rovinose cadute, ma soprattutto è fatta di personaggi straordinari. Il “cannibale” Eddy Merckx, l’eterno piazzato Baronchelli, la maglia nera per antonomasia Malabrocca, gli storici rivali Moser e Saronni, il “cuore matto” Franco Bitossi e tantissimi altri. In pochi però forse ricordano che, negli anni eroici del ciclismo, a gareggiare con gli uomini nella “Corsa Rosa” ci fu anche una donna. Si chiamava Alfonsina Morini Strada, ed era nata a Riolo di Castelfranco Emilia nel 1891. Disputò il Giro del 1924 con la maglia numero 72 e riuscì a classificarsi trentesima, davanti anche a diversi corridori uomini.

Figlia di contadini poverissimi, Alfonsina Morini aveva cominciato a correre con la vecchia bicicletta del padre ed era stata diverse volte la “vedette” delle gare della zona al punto che a Castelfranco era soprannominata “il diavolo in gonnella”. I genitori, che non vedevano granché di buon occhio la passione sportiva della figlia, la spinsero a sposarsi sperando che il marito, il cesellatore Luigi Strada, la convincesse ad abbandonare quella che consideravano come una “malsana mania”. Questi però, invece di ostacolare la passione della moglie, la assecondò e, il giorno stesso delle nozze, le donò una bicicletta da corsa nuova fiammante.

L’anno successivo, era il 1916, la coppia si trasferì a Milano e Alfonsina cominciò a svolgere regolari allenamenti sotto la guida dello stesso marito. Partecipò a gare leggendarie e vinse numerosi premi al punto che, nel 1924, il direttore della Gazzetta dello Sport Emilio Colombo la invitò a partecipare al Giro d’Italia e lei, naturalmente, accettò. Venne iscritta con il nome di Alfonsin Strada, per nascondere fino all’ultimo la sua identità e suscitare ancora più clamore. Dopo le prime quattro tappe, la Milano-Genova, la Genova-Firenze, la Firenze-Roma e la Roma-Napoli, era ancora in gara e anzi, aveva dimostrato a tutti la sua incredibile resistenza.

Il momento più difficile però doveva ancora venire. Nella frazione L’Aquila-Perugia si scatenò il finimondo e un temporale con pioggia e vento rese il percorso ancora più complicato. Alfonsina Strada, vittima di molte cadute e forature, giunse fuori tempo massimo e fu estromessa dalla gara dopo una violenta discussione tra i giudici, alcuni dei quali erano propensi a salvarla. Emilio Colombo però, essendosi reso conto di quanta curiosità suscitasse nel pubblico la prima ciclista donna della storia, le consentì di continuare a seguire la corsa, pagandole di tasca proprio l’alloggio e il massaggiatore. Lei lo ripagò arrivando fino a Milano senza più andare fuori tempo massimo. Per questo la si può annoverare tra i trenta corridori su novanta che riuscirono a completare i 3618 km del Giro.

Negli anni successivi non ottenne più la possibilità di iscriversi ufficialmente alla corsa rosa, ma la seguì per lunghi tratti con la sua bicicletta divenendo amica di grandi personaggi di quel mondo come Costante Girardengo. Una campionessa ante litteram quindi, che si fece notare anche all’estero. Già a 16 anni partecipò al Grand Prix di Pietroburgo dove conquistò l’attenzione addirittura dello zar Nicola II, mentre negli anni successivi gareggiò in Spagna, Francia e Lussemburgo. Nel 1938, a Longchamp, conquistò poi il record dell’ora femminile alla media di 35,28 km/h. Morì il 13 settembre del 1959 all’età di 68 anni. Nel 2004 le è stato anche dedicato un libro: “Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada, il romanzo dell’unica donna che ha corso il Giro d’Italia assieme agli uomini” di Paolo Facchinetti.

di Giovanni Botti

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