Modena Ieri & Oggi: gli inizi del giovane Vasco

Una domanda aleggia nei bar e per le vie di Modena: ce la caveremo in quei giorni invasi dai fans scatenati del buon Vasco? Mamma mia, qualcuno comincia a sentirsi a disagio. C’è perfino chi ha deciso di rivendere i propri biglietti, non per bieco bagarinaggio ma per la paura di trovarsi in mezzo a un fiume esagerato di persone, malgrado le misure di sicurezza saranno strettissime, malgrado l’organizazzione dell’evento sia partita con straordinario anticipo, compreso l’allestimento del mega-palco, come può vedere chi passa ogni tanto dalle parti del Parco Ferrari.

Vasco è un orgoglio locale. Impossibile non riconoscerlo: è la nostra grande rockstar italica. I competitors, persino quell’efficace rocker di Correggio, non riescono ad eguagliarlo quanto a visceralità del messaggio. Lui, Rossi – così lo chiamano nel suo entourage, non certo per nome, un segno di professionalità necessario per un evento di questo tipo – prosegue la sua marcia di avvicinamento tra un clippino e una corsetta, al sole della Puglia. Si gode sorridente la sua incredibile popolarità. Ma c’è stato un periodo in cui non lo conosceva nessuno.

La prima vera botta di popolarità nazionale la deve al Festival di Sanremo del 1982, a quel “Vado al massimo” cantato sopra il playback, con uno stato simpaticamente alcolico che traspare dai video vintage riproposti su youtube. “Mi giocavo il tutto per tutto”, ha confessato Vasco, “ero a terra e dovevo riuscire a farmi notare in qualche modo”. L’anno dopo al Festival si presentò con “Vita spericolata” e da lì la sua carriera prese il volo. Ora le frasi tratte dalle sue canzoni sono manifesti poetici pop da esporre su grandi lenzuola-striscioni da stadio o sulle t-shirt estive, ma c’è stato un tempo in cui Vasco non capiva bene se i suoi versi cantati potessero avere un impatto.

Vasco Rossi ha ascoltato molto i cantautori degli anni ‘70, ha frequentato l’Università a Bologna, Economia e Commercio, poi Pedagogia; frequentato i laboratori teatrali para-universitari. Una delle sue aspirazioni era di fare il giornalista. Risulta che abbia persino intervistato Guccini. Se il maestrone di Pavana bolla Modena come “piccola città bastardo posto”, non è ben chiaro quali siano i sentimenti di Vasco per la città della Ghirlandina, sentimenti comunque pur sempre legati a quell’età complicata che è l’adolescenza. Di sicuro pare che “La noia”, una delle sue canzoni più personali, sia riferita alla Zocca natìa: “…soffrirò di nostalgia, ma devo uscire fuori da qui… tornerai, solo quando avrai bruciato tutto, solo allora sì… l’infinito… è tutto qui”.

vasco primo gruppo

La gavetta dell’apprendista rockstar

Alla madre di Vasco – Novella – è sempre piaciuto cantare. Per questo ha sempre voluto che il figlio cantasse, fin da piccolo. E il piccolo Vasco ha cantato spesso, ai matrimoni, ma anche ai concorsini canori. E ne ha vinti. A Modena, in particolare, è legata la sua prima affermazione musicale: l’Usignolo d’oro. Da piccolo fu quindi mandato a una scuola di canto e chitarra. Ecco, lì sono da ricercare le basi della sua carriera. Nella sua biografia più intima conta molto anche la figura del padre Giovanni Carlo, detto Carlino. Camionista, morì all’improvviso per un ictus, prima che il figlio assaporasse il successo. È ispirata a lui la bellissima “Canzone” (“è nell’aria ancora il tuo profumo…”).

Vasco deve molto a Gaetano Curreri, vignolese. A fine anni ‘70 scribacchiava canzoni, ma non ci credeva davvero. Era timido, proporle sul palco gli sembrava da cretini o sfigati. Fu il futuro cantante degli Stadio a dargli fiducia e a trovargli la prima possibilità di incisione. Il primo disco venne prodotto dal signor Borgatti, un editore bolognese di liscio. Poi Vasco è stato tra i fondatori e gli animatori di una delle prime radio libere d’Italia: Punto Radio. Faceva di tutto: il programma di musica dance, ma anche la realizzazione delle pubblicità. Con la radio scoprì lo speakeraggio ma soprattutto un mestiere davvero interessante: il disc jockey. E sono arrivate le serate nelle discoteche. Era già un successo, non è che Vasco si aspettasse davvero di più.

di Francesco Rossetti

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