Modena nei secoli: l’intervista a Orazio Giannone, regista di un film sulla storia della nostra città

E’ un vero e proprio atto d’amore verso la città geminiana, il film “Modena, la piccola Venezia” che lo scrittore e regista Orazio Giannone (foto) ha presentato al Cinema Victoria lo scorso 16 aprile. Pienone alla proiezione con centinaia di persone rimaste fuori, tanto che ora ci si augura segua qualche altra proiezione. “Abbiamo devoluto l’incasso, circa 2.500 euro, all’associazione Angela Serra per la ricerca sul cancro”, spiega Giannone.

Orazio, il film è un viaggio nel tempo. E tu, quanto tempo ci hai messo a prepararlo?
Almeno 4-5 mesi serrati per realizzarlo, tutto in animazione grafica, al computer. Le riprese vere e proprie sono state pochissime, giusto per il finale in Calle di Luca e piazza San Francesco. Modena nelle sue diverse epoche è stata ricostruita al computer. Non è stato facile, la difficoltà maggiore è stata creare i fondali delle varie epoche. Quanto agli attori, hanno quasi tutti recitato singolarmente in green vision e poi sono stati montati, in post-produzione. Tutti attori non professionisti, con l’eccezione di Luciana Turina. Sono intervenuti politici, imprenditori, modenesi che si sono trovati a recitare in studio, come nel vuoto.

E da dove viene il tuo interesse per la storia di Modena?
Sono alcuni anni che scrivo libri, ne ho pubblicati tre: “Il boschetto delle fate” è un noir ambientato a Correggio, poi ho avviato una trilogia dei Delitti del Duomo di Modena. Sono thriller storici. Quindi mi sono documentato e negli anni ho creato vari video brevi dove racconto la storia geminiana. Ma erano solo ricostruzioni senza personaggi. Così mi è venuta l’idea di chiedere ad alcune personalità modenesi di partecipare.

E come hanno risposto?
Quasi tutti hanno dato la loro disponibilità. Con mia sorpresa. All’inizio pensavo: ne chiamo 40, almeno un paio accetteranno. Beh, sono venuti in 32. E chi non c’è ha aiutato. Nicoletta Mantovani, per esempio, non se la sentiva di apparire in video, ma mi ha offerto il suo aiuto, portandomi un tenore della sua Fondazione Luciano Pavarotti: Giuseppe Michelangelo Infantino. Anche Massimo Bottura ci sarebbe stato, ma era all’estero. La sceneggiatura si è fatta più complessa, si è arricchita via via. Siamo arrivati a un film di un’ora che si è realizzato quasi spontaneamente.

Luciana Turina chi interpreta?
Una chiromante forestiera, di Mantova.

Qual è il filo conduttore?
Ho immaginato ci fosse uno spirito dei boschi dell’antica Mutina che attraversa tre millenni di storia della città. Sia gli etruschi che i romani avevano paura di questi spiriti della notte attorno alla città. Poi facciamo vedere la tumulazione di San Geminiano nella necropoli romana. Ricostruiamo così com’erano Canal Grande e Canal Chiaro, la darsena, immaginando che sotto terra ci siano ancora molti oggetti dimenticati che la storia ha lasciato nell’oblio. E ancora le mura del 1.326 e una scenetta sulla battaglia con i bolognesi e il furto della Secchia. Poi si va al 1.750, con una scenetta ispirata alle “Relazioni pericolose”. Dalla porta Baggiovara si passa all’inizio del ‘900, con la Travata San Francesco.

Via via Modena si trasforma…
Anche le persone di oggi si trasformano nei loro antenati di 100 anni fa. Il sindaco Giancarlo Muzzarelli ha impersonato il sindaco del 1920, Luca Bagnoli ha fatto un omaggio a Guglielmo Marconi. Davide Burani ha suonato l’arpa. La voce fuori campo è di Christian Lugari, un rievocatore degli arcieri e balestrieri della Torre di Formigine.

Perché questo omaggio alla città estense? Sei un modenese doc?
No, sono di Correggio, cresciuto nella stessa strada di Andrea Griminelli e Luciano Ligabue, in via Munari. Abito a Fiorano. Ma con Modena ormai ho condiviso un lungo pezzo di vita. Sono maestro d’arte in tessitura, e ho avuto per molti anni un atelier di costumi teatrali. E anche ora che lavoro da anni come designer, con un mio studio, mi è rimasto addosso l’imprinting teatrale.

La proiezione di “Modena, la piccola Venezia” è stata un successo, tanto che in molto vorremmo vederla. Ci saranno altre occasioni?
Io spero proprio che qualche associazione organizzi a sua volta una qualche ulteriore proiezione.

Va sottolineato l’aspetto della solidarietà…
Sì, anche con i miei libri precedenti ho sempre donato i proventi. In più oggi c’è un progetto a cui tengo molto. Stiamo aprendo un atelier che s’interessa al prima e al dopo la cura oncologica. Un posto dove le persone che stanno facendo un percorso oncologico possano trovare assistenza concreta: qualcuno che gli curi il look, il trucco, perché sono persone in un momento fragile e non devono essere abbandonate a se stesse. Un luogo dove possano gratuitamente prendere una parrucca o essere aiutati da un parrucchiere. E infine segnalo che con i proventi sosteniamo anche alcuni ricercatori dell’Unimore.

di Francesco Rossetti

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