Sandra per Ferrari: la ritrattista Malagoli racconta la sua passione per il Drake

Si definisce modenese al 100%, Sandra Malagoli (nella foto), pittrice e ritrattista di straordinaria qualità con una passione speciale, anche legata a vicende personali, per Enzo Ferrari.

Sandra, quella per il disegno è stata una passione precoce?
Sono cose che ho fin da piccolina, dentro di me ho sempre sentito questa forza incontrollabile di dover disegnare tutto quello che vedevo. Mi ricordo che anche alle elementari, quando insegnavano le astine e le cornicine, facevo già le caricature dei professori. Più avanti negli anni, durante un periodo di lavoro che non mi permetteva di disegnare, al sabato e la domenica, a casa, sfogavo questa mancanza. Disegnavo di tutto.

Quindi ti è venuto naturale anche scegliere il Venturi alle superiori?
I miei insegnanti dicevano ai miei genitori: “sua figlia è molto portata per il disegno”. All’epoca il Venturi non era molto considerato, dicevano che fosse frequentato da “quelli che non han voglia di studiare, perché altrimenti farebbero lo scientifico o il classico”. Invece si dimostrò una bella scuola, con professori di alto livello. Dovevi esser bravo anche nelle materie tradizionali, altroché.

Per esempio?
Ho avuto la fortuna di avere come scultore Marino Quartieri, che ha realizzato la statua della libertà di fronte al Venturi. Anni formativi, allegri. Adesso chi pratica l’arte dei miei compagni di classe non c’è praticamente nessuno, a parte me e un’altra, forse.

Com’è nata la passione per il mondo automobilistico?
Di solito le macchine sono abbinate agli uomini, in effetti. Mio padre è stato sempre un grande appassionato, a casa mia si respirava quest’aria della Ferrari, faceva parte della società del Sandrone e del Circolo Filatelico Tassoni. Vedeva che avevo talento nel disegno, mi coinvolgeva chiedendomi di realizzare una cartolina o qualcosa del genere. Qualcuno mi ha chiesto di fare dei ritratti. Facevo anche molti concorsi di pittura e arte. Mi capitò un concorso dedicato a Giovanni Mosca. Disegnai una Ferrari sulla rampa di lancio, intitolandola “Potenza di motori”. Intendevo significare che la Ferrari era così veloce da poter andare nello spazio. Poi mi venne lo scrupolo: sto disegnando una cosa che non è mia. Scrissi a Enzo Ferrari per segnalargli il disegno, per correttezza. Avevo 21 anni, ero del tutto inconsapevole.

Ferrari rispose o ignorò la cosa?
Un giorno mi chiamano a casa, al telefono era il segretario personale del commendatore Ferrari. La prima volta buttai giù il telefono, pensando a uno scherzo. Richiamò, e dopo un’ora arrivò un uomo con un pacco che veniva dal commendatore, c’era un libro con un bigliettino scritto a macchina e la firma del commendatore. Ricordo che la firma era con inchiostro viola. Da lì abbiamo avuto una sorta di corrispondenza, ho con me circa nove bigliettini suoi. Non gli davo troppo peso, ero molto giovane.

Da disegnatrice sei diventata una ritrattista…
Sì, è così. Ho lavorato tanti anni in ceramica, sempre come disegnatrice. Poi, tre anni fa, nella mia mente è scattato qualcosa. Volevo disegnare a tempo pieno. Ho pensato: anche se Enzo Ferrari non c’è più, come omaggio e in segno di riconoscenza per aver riconosciuto il mio talento, riporterò il suo nome nell’arte.

I tuoi sono quadri iperrealisti che hanno una definizione eccezionale, quasi fotografica…
Beh, se qualcuno mi dice che sono come fotografie, per me è un complimento enorme. Perché è stata una sfida con me stessa, quella di capire fino a che punto riuscivo ad arrivare con la mia mano. Presto sarà pronto un nuovo lavoro che dedico al Drake, che dovrebbe venir presentato nella sua versione completa in corrispondenza del compleanno, il prossimo 20 febbraio 2019. Perché ci sono foto bellissime del commendatore, di lui bambino a inizio ‘900 e poi fino agli anni ‘30 e ‘40 che sono tutte in bianco e nero. Io intendo disegnarlo per rendere la storia della vita di Ferrari a colori. Alcuni di questi disegni li ho già presentati al Mef.

E il pilota che ti ha colpito di più fra quelli ritratti?
Forse Ayrton Senna, perché l’ho ritratto a partire da un’immagine del giorno in cui sarebbe uscito di pista a Imola. Ma anche Niki Lauda; il suo meccanico, Ermanno Cuoghi, mi ha detto che i suoi occhi sono un po’ inquietanti. Ma Lauda, a vederlo da vicino, quando è concentrato, ha quello sguardo lì, lo ritengo un complimento. I miei quadri devono trasmettere un’emozione. E penso a Villeneuve (foto), Schumacher…

Dipingere richiede molto tempo?
Decisamente, infatti mi stupisco di quei pittori che presentano quadri in continuazione. Quando qualcuno mi commissiona un quadro, io regalo il ‘librino’, con la storia della lavorazione. Spesso è una sorpresa per il cliente, che così ha anche un rendiconto delle fasi di lavorazione.

Sei affezionata a Modena?
Moltissimo, sono orgogliosa di far parte di questa città. Sono modenese al 100%.

Una qualità del modenese?
La determinazione, non si arrende mai.

 

di Francesco Rossetti

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