Storia della Canottieri Mutina, nata sulle rive del Secchia

Cercate uno sport d’acqua che vi faccia allenare immersi nella natura? Allora forse la canoa e il kajak fanno per voi, tanto più che Modena ha una sua tradizione legata in particolare alla Canottieri Mutina. Ne parliamo con la presidente Caterina De Carolis.

La vostra storia quando comincia?
Siamo nati nel 1930, su uno dei nostri due fiumi, lungo le rive del Secchia. Era un’epoca in cui il regime fascista riteneva lo sport uno strumento importante per mantenere alto lo spirito delle persone. Abbiamo persino le foto dell’inaugurazione, alla presenza del podestà. Allora c’era una specie di diga che permetteva di gareggiare alle barche di canottaggio. Del resto ci chiamiamo Canottieri Mutina per il canottaggio. A quel tempo la canoa non era ancora arrivata in Italia. È arrivata nel dopoguerra. Uno degli atleti di allora, Ruben Pedrazzi al ritorno si è rifatto carico della ricostruzione, perché, nel frattempo, fra il ‘30 e la guerra, la sede venne per due volte inondata. Il Secchia all’epoca dava seri problemi di esondazione, in gran parte risolti grazie alle casse di espansione, in primis quella di Campogalliano. Nel dopoguerra sono ripartiti, usufruendo di depositi lasciati dagli americani. Pedrazzi è rimasto presidente dell’associazione per tantissimi anni, poi hanno proseguito i due figli Riccardo e Marco, in particolare Riccardo.

Quando e perché siete approdati a Campogalliano?
Nel 1976. I laghetti offrivano la soluzione migliore per uscire dal Secchia perché, per una serie di motivi, il fiume si era molto ristretto, la diga non esisteva più. In più si era scoperta la canoa, si era deciso di andare in quella direzione perché sono barche molto meno costose, molto meno ingombranti, soprattutto il kajak. L’approdo a Campo segnò una rinascita delle attività, soprattutto rispetto ai bambini. In meno di dieci anni, nell’84-’85, siamo riusciti a vincere il campionato italiano. Poi i bambini di allora sono diventati adulti, e con un atleta, Andrea Covi, siamo addirittura arrivati alle Olimpiadi di Atlanta. E alla fine degli anni 2000, abbiamo cambiato sede. Il Comune ci ha assegnato un nuovo terreno, dove siamo oggi e ci troviamo bene.

Che differenza c’è fra canoa e kajak?
Il kayak è di derivazione eschimese e si utilizza in una vasca, con un remo doppio, la pagaia. La canoa deriva dagli indiani del Canada, ci si può star seduti, in ginocchio, e il remo ha una pala sola.

Che tipo di gare ospitate sul lago?
Distanze diverse, soprattutto siamo specializzati in velocità su acqua piatta. Nella canoa la distanza più breve, la più spettacolare, è quella dei 200 metri. Per il pubblico è bello perché da un qualsiasi punto riesce a vedere tutta la gara, dalla partenza all’arrivo.

Lavorate anche con disabili, giusto?
Sì, dal 2008. Ho cominciato a portare ai laghetti persone con disabilità fisiche e intellettivo-relazionali. Negli anni siamo passati da 6 a 26-27, grazia solo al passaparola. E il progetto “Happy Kayak” è diventato anche un percorso agonistico.

Come avete coinvolto Juliet Kaine, la vostra atleta di punta?
Siamo andati a cercarla a Modena. Lei faceva già sport agonistico: basket e tennis in carrozzina. Le abbiamo proposto la canoa, ha accettato pur non sapendo neanche nuotare. Abbiamo iniziato un percorso che ha portato lei, in un anno e poco più, a vincere i campionati italiani. Lo scorso 11 settembre, a Milano, ha vinto tutto quello che c’era da vincere. Non è andata alle Olimpiadi di Rio, anche per un ritardo nell’ottenimento della cittadinanza italiana, che però finalmente ha ottenuto. Ora Juliet è convinta di darsi da fare per Tokio 2020.

Perché i laghetti Curiel sono ottimi per la canoa?
Perché non c’è la navigazione a motore, che per esempio nei laghi lombardi crea moltissimi problemi, facendo le onde. Le rive sono naturali, non in cemento. E poi in altre parti d’Italia, hanno spesso il problema dei venti forti. In più a Campogalliano non c’è più il problema delle alghe, grazie alle carpe longeve che fanno piazza pulita. E non abbiamo problemi di inquinamento, avendo acqua risorgiva. E anche la dimensione ridotta aiuta.

Qual è il segreto della passione per la canoa?
Di sicuro lo stare in un ambiente naturale. Per chi ama stare all’aperto, è bellissimo. In secondo luogo, se alcuni sport sono individuali e altri di squadra, beh, il nostro unisce le due dimensioni. Si può navigare da soli o in coppia o in quattro. Essendo uno sport che richiede un certo impegno logistico, il carica-scarica canoe, c’è sempre una forte collaborazione. Inoltre è uno sport intergenerazionale: capita spesso che i grandi gareggino con i ragazzini. È rarissimo che questo accada nelle discipline sportive.

Cosa fare per iscriversi?
C’è un sito internet, un’email a cui rispondiamo sempre, un ufficio in sede, con una persona presente tutti i sabati pomeriggio dalle 15.30 alle 17. Offriamo corsi per adulti, per bambini, per disabili, tutti seguiti da tecnici che hanno fatto corsi di specializzazione federali.

Per maggiori info: www.canottierimutina.it

Di Francesco Rossetti

WP-Backgrounds Lite by InoPlugs Web Design and Juwelier Schönmann 1010 Wien