Alla scoperta dell’hockey in-line: l’intervista a Marlon Guarise

Uno sport poco conosciuto, ma con grandi potenzialità. Stiamo parlando dell’hockey in-line, che si differnzia dall’hockey su pista per l’utilizzo dei roller, particolare che lo avvicina maggiormente al più famoso e altisonante hockey su ghiaccio. Abbiamo incontrato Marlon Guarise, il mister dell’Invicta Skate Hockey, che ci ha raccontato il suo passato sul ghiaccio e il suo presente e futuro nell’in-line.

Marlon, come ti sei appassionato all’hockey?
Da piccolo ero sempre attaccato a mio padre. E’ stato il direttore sportivo di una società ciclistica e anche di una squadra di calcio. Alla sera andava spesso a vedere le partite di hockey su ghiaccio a Bolzano, e una volta decise di portarmi con sé. Quando vidi per la prima volta i giocatori sui pattini capii che quella sarebbe stata la mia strada. Lavorai molto duramente per diventare un campione, anche sei ore al giorno.

Come ti sei avvicinato a questo sport?
E’ stato un caso. Io mi sono trasferito a Modena quando ho conosciuto la mia compagna. Un giorno, passeggiando per Bomporto, vidi uno stand dell’hockey in-line; incuriosito, chiesi informazioni e, appena raccontai loro il mio passato sul ghiaccio, mi ingaggiarono subito per disputare una partita di Coppa Italia. Andai in panchina nonostante non avessi ancora il patentino, e la portai in finale.

Che differenze ci sono con l’hockey su ghiaccio?
Quello è uno sport molto più violento e fisico, in cui è consentito caricare l’avversario sulla sponda per rubargli il disco. Nell’hockey in-line questo non è ammesso. Un’altra differenza è il fuorigioco: sul ghiaccio c’è, invece qui no. Per il resto, le regole sono simili.

E’ uno sport abbastanza seguito in Italia?
Viene praticato quasi ovunque ed è abbastanza seguito. Tra l’altro, le nostre Nazionali, sia maschile che femminile, sono molto forti: l’anno scorso, ambedue si sono laureate vice-campioni del mondo, e due di quelle ragazze giocano qui a Modena.

A differenza di altri sport, nell’hockey in-line c’è la possibilità di schierare squadre miste…
Nel ghiaccio è consentito fino all’età di quattordici anni, per far crescere maggiormente il movimento dell’hockey femminile. Nell’ hockey in-line invece, non essendoci il contatto fisico inteso come scontro violento, una ragazza può giocare tranquillamente con gli uomini.

A Modena, invece, l’hockey in-line è seguito?
E’ seguito principalmente dagli amici o dai genitori. Potrebbe avere più attenzione, ma purtroppo siamo poco visibili. Meriterebbe più seguito: la gente che lo guarda una volta poi torna, perchè è uno sport veloce, tecnico, tattico e intenso, che ti appassiona. In quaranta secondi puoi incassare tre reti, se solo perdi un attimo la concentrazione.

Come sta procedendo la stagione? Siete in linea con gli obiettivi prefissati?
Al momento siamo messi bene, occupando la seconda posizione in classifica dietro a Piacenza. Ci mancano solamente sei punti per essere matematicamente in serie B. Il campionato funziona così: le prime tre classificate vanno in serie B, ma disputano allo stesso tempo i play off contro il girone del centro sud, per vincere il campionato e accedere direttamente in serie A. E’ una formula nuova, studiata appositamente per questa stagione. Da un momento all’altro potremo passare dalla C alla A.

Cosa dovrebbe fare il movimento dell’hockey in-line per avere più visibilità?
Stanno già facendo tanto. Qualche tempo fa sono stato a un camp a Viareggio, organizzato da Bomporto, con oltre cento ragazzi. Qui a Modena abbiamo il settore giovanile più numeroso d’Italia, quindi il lavoro non ci manca. I ragazzi, però, meriterebbero molta più visibilità, ma purtroppo c’è sempre il discorso economico. Noi potremmo essere l’unica squdra in Italia a giocare solo con i ragazzi provenienti dal nostro settore. Le altre formazioni invece devono chiamare gli atleti dall’hockey sul ghiaccio, con costi elevati. Invece io, come dicevo, utilizzo solo i ragazzi cresciuti nell’hockey in-line e nati tra Modena e Bomporto.

di Mattia Amaduzzi

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