Modena Ieri & Oggi: la Firenze-Modena e la prima impresa di Fausto Coppi

Anche il Giro d’Italia del centenario avrà un passaggio nella nostra città. Non si tratta di una partenza o un arrivo come in altre occasioni, ma comunque i tanti appassionati di ciclismo modenesi potranno veder passare sulle nostre strade i loro campioni preferiti. Accadrà il 18 maggio quando la tappa Forlì-Reggio attraverserà, tra le altre, via Emilia Est, Piazzale Natale Bruni con un passaggio anche davanti al MEF, e viale Monte Cosica, prima di dirigersi verso l’arrivo di Reggio Emilia. Modena, come già raccontato più volte, è stata spesso sede di una partenza o arrivo di tappa della Corsa Rosa. La prima volta risale addirittura al 28 maggio 1928, quando la Pistoia-Modena si concluse nell’allora Piazza d’Armi, attuale Parco Novi Sad. Domenico Piemontesi batté a sorpresa in volata il super favorito Alfredo Binda, maglia rosa e vincitore finale del giro. Oggi raccontiamo la storia della celeberrima Firenze-Modena del 1940, che fece conoscere al mondo della bicicletta nientemeno che “Il Campionissimo” Fausto Coppi.

 

Coppi in maglia rosa a Modena

“Un uomo solo al comando; la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi”. Con questa frase divenuta mitica il giornalista Mario Ferretti apriva la sua radiocronaca della Cuneo-Pinerolo, terz’ultima tappa del Giro d’Italia del 1949. Una tappa leggendaria in cui il Campionissimo scalò da solo il Colle della Maddalena, L’Izoard e il Sestriere e arrivò al traguardo con 11’52 sul rivale di sempre, Gino Bartali, conquistando di fatto la sua terza corsa rosa. La prima grande impresa dell’Airone, così veniva soprannominato il ciclista piemontese, ha però per protagoniste le strade e le montagne della nostra provincia.

Il 29 maggio del 1940 si corre la Firenze-Modena, 11ª tappa del 28° Giro d’Italia. In maglia rosa c’è il torinese Enrico Mollo, ma il vero favorito per il successo finale è naturalmente Gino Bartali, capitano della Legnano, che nelle prime tappe però si era attardato a causa di alcune cadute. La sua squadra, proprio alla vigilia della corsa rosa, aveva ingaggiato un giovane tortonese di appena 20 anni, che avrebbe dovuto fare il gregario di “ginettaccio”. Si trattava di Fausto Coppi.

Quel mercoledì di fine maggio era una giornata non certo primaverile sul nostro Appennino, con vento e pioggia mista grandine. I ‘girini’, dopo le salite della Prunetta e del Monte Oppio, dovevano arrivare all’Abetone, il punto più alto della tappa con i suoi 1388 metri. Poi giù fino a Modena. Proprio sulla salita verso l’Abetone le prime scaramucce. Il pistoiese Ezio Checchi guadagna un paio di minuti sul gruppetto dei più immediati inseguitori, tra i quali non c’è però Gino Bartali, non al meglio e attardato di un altro minuto. A un certo punto improvvisamente scatta Coppi che raggiunge Checchi e si invola da solo.

A Barigazzo l’Airone ha già fatto il vuoto e, a 76 chilometri dalla conclusione, si lancia a tutta velocità verso Modena. Dopo una fuga di 100 chilometri il futuro Campionissimo arriva da solo al traguardo posto all’interno del vecchio Stadio Marzari. I rivali, tra i quali anche il suo capitano Gino Bartali, arrivano a 3’45 e Coppi indossa la sua prima maglia rosa. Nei giorni successivi i giornali sportivi propongono titoli altisonanti.

“Una grande corsa e un grande campione” scrive la Gazzetta dello Sport, che organizza la competizione. “Il Giro ha sfornato un campione” intitola il Guerin Sportivo, in quegli anni molto attento alle vicende del ciclismo. Quella maglia Coppi riuscirà poi a difenderla fino al traguardo di Milano dove arrivò con 2’40” di vantaggio su Enrico Mollo e addirittura 46’ 09” su Gino Bartali, nono in classifica. Era il 9 giugno del 1940. Il giorno dopo l’Italia sarebbe entrata in guerra e il Giro si sarebbe fermato fino al 1946, quando Gino Bartali si sarebbe preso la sua rivincita sull’ex gregario.

di Giovanni Botti

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