Storie di Sport: l’intervista a Simone Gozzi, una bandiera al centro della difesa

La convincente vittoria del Modena sul campo del Fiorenzuola, ha permesso ai canarini di rimanere aggrappati alla Pergolettese capolista, distante solamente 3 punti. Ora il campionato di serie D osserverà la sosta di una giornata, in occasione del Torneo di Viareggio nel quale scenderà in campo la rappresentativa della categoria. Ne abbiamo approfittato per intervistare una delle bandiere della formazione di mister Bollini, ovvero il ritrovato Simone Gozzi.

Simone, cosa ti ha spinto a tornare a Modena?
Mi ha spinto la voglia di rivalsa. Tre anni fa mi ero lasciato male con la città, andandomene via dopo una retrocessione. Questo fatto mi aveva segnato, dopo gli otto anni passati insieme in serie B. Avevo tanta voglia di riscattarmi e riportare Modena dove merita. Inoltre, volevo stare più vicino alla famiglia, visto che nei tre anni che sono stato via, mia moglie e i bambini sono rimasti a Vignola.

Quali sono le principali differenze tra la serie D e i campionati professionistici?
Penso che le principali differenze siano la velocità di gioco e la qualità tecnica. E’ normale che più ti avvicini alla serie A più questi fattori aumentano. In serie D si predilige puntare sulla corsa e sull’agonismo rispetto alla qualità del gioco e alla tecnica individuale.

Cosa ne pensi della regola della serie D dei giovani obbligatori in campo?
Credo che se un giovane è bravo e merita di scendere in campo lo deve fare anche senza regolamenti. Con queste regole, in certi casi, il rischio che si corre è di ‘bruciarlo’. Infatti, una volta uscito dalla categoria under, il ragazzo o continua a giocare perché è veramente bravo, oppure si perde, trovandosi senza squadra. In questo caso il giovane viene illuso.

Torniamo un po’ indietro. Come ti sei appassionato al calcio?
Sono nato a Campagnola Emilia, in provincia di Reggio Emilia, dove il passatempo principale di tutti era il calcio. Da piccolo abitavo di fianco ad un campo e ci passavo la maggior parte del mio tempo. Dopo la scuola, appena finiti i compiti, ci andavo a giocare con i miei amici fino all’ora di cena. Inoltre mio padre era il direttore sportivo della squadra del paese: ogni tanto andavo con lui a seguire gli allenamenti.

Avevi un giocatore da poster in camera?
Da piccolo facevo il centrocampista, ma da quando ho cominciato a fare il difensore mi sono sempre ispirato ad Alessandro Nesta.

Tu, reggiano cresciuto nelle giovanili della Reggiana, bandiera del Modena. Non ti sembra un po’ strano? I reggiani non te l’hanno mai rinfacciato?
Qualcuno si forse, ma tolto quest’anno in cui siamo avversari e quindi è normale che mi rinfaccino queste cose, non ho mai avuto problemi. Quando ero all’Alessandria in Lega Pro, andammo ad affrontare proprio la Reggiana in semifinale play-off; a fine partita fu un immenso piacere andare sotto la curva granata e ricevere i loro applausi. In effetti suona po’ strano il fatto di essere cresciuto nelle giovanili della Reggiana, esordendo in prima squadra, quindi diventando di fatto calciatore con la maglia granata, salvo poi affermarmi a Modena, in una storica rivale.

Ti trovi bene qui a Modena?
Si benissimo. Qui ho conosciuto mia moglie, mi sono sposato e ormai mi sono trasferito a tempo pieno.

E’ ancora presto, ma hai già cominciato a pensare ad una vita oltre al calcio?
Se devo pensare adesso a cosa mi piacerebbe fare una volta appesi i tacchetti al chiodo, ti dico che vorrei rimanere nell’ambiente. In questo momento non mi ci vedo come allenatore di prima squadra, invece mi piacerebbe lavorare coi bambini, insegnando loro il calcio e aiutandoli a crescere. Poi magari da qui alla fine della mia carriera cambierò idea mille volte, ma al momento questo è ciò che ho in mente di fare.

Cos’hai pensato dopo Fiorentina-Inter?
E’ una bella domanda (ride ndr). Sicuramente l’arbitro Abisso ha commesso molti errori, e sono sotto gli occhi di tutti. Purtroppo è lo stesso che commise l’errore nei mie confronti, espellendomi dopo appena 42 secondi in quella partita fondamentale per la nostra salvezza, a Novara. Ormai è acqua passata, ma non l’ho mai cancellato, perché sono ricordi che rimarranno indelebili nella mia memoria.

di Mattia Amaduzzi

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