Il disco della settimana: il “Profondo Fiume” di Mark Knopfler

Mark Knopfler – “One Deep River”

Quando si affronta per la prima volta un nuovo album di Mark Knopfler, più o meno, si sa sempre cosa aspettarsi e, come succede anche per altri grandi artisti, Van Morrison ad esempio, ad un primo ascolto il tutto suona familiare, quasi già sentito. In realtà man mano che si entra dentro al lavoro nel suo complesso emergono le canzoni, i suoni, le sfumature della chitarra e della voce, e il disco acquisisce vita propria rispetto agli altri. Lo stesso succede ascoltando il nuovo album dell’ex leader dei Dire Straits “One Deep River”, il primo di canzoni nuove a più di cinque anni dal precedente e più che positivo “Down The Road Wherever”. Ad un primo impatto sembra solo la solita raccolta di ballate piacevoli e raffinate tipiche del chitarrista di Newcastle poi, dopo alcuni ascolti, ogni canzone comincia a staccarsi dalle altre risplendendo di luce propria e confermando Knopfler come un grande narratore in musica, grazie alla tipica voce sussurrata che spesso sembra intenta a raccontare una storia, di sera, davanti ad un fuoco.

In generale l’atmosfera di “One Deep River” è forse ancora più rarefatta e notturna di altre occasioni e le canzoni spaziano dal folk-rock dai profumi celtici alla ballata western che narra storie di frontiera. E l’inconfondibile chitarra ricama fraseggi sempre più folk e raffinati e sempre meno rock e legati al passato dei Dire Straits. Alla fine il disco si può ascoltare tutto d’un fiato (nella edizione deluxe c’è anche un secondo dischetto delizioso con cinque brani inediti), ma anche soffermandosi su qualche brano isolato senza che, fuori dal contesto generale, perda significato. Tra le canzoni nella track list segnaliamo la splendida folk-ballad “Smart Money”, che profuma di frontiera, l’altrettanto bella “Watch Me Gone”, con un fascinoso coretto ad arricchire il ritornello, il crepuscolare country-western di “Tunnel 13”, che racconta di una sanguinosa rapina ad un treno in California, e la conclusiva title-track, notturna e quasi mistica. Grande classe, come sempre.

di Giovanni Botti

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