Immergersi nel mondo di Ghirri. Matteo Parisini e il suo docufilm sul grande fotografo

Ha avuto una prima nazionale alla Festa del Cinema di Roma e ora “Infinito. Il mondo di Luigi Ghirri”, il docufilm diretto da Matteo Parisini (foto), approda anche a Modena, al cinema Astra, giovedì 10 novembre alle 21, nella giornata inaugurale del ViaEmiliaDocFest. L’occasione è da non perdere, considerato che a Palazzo Santa Margherita è in corso la mostra di Fmav, “Luigi Ghirri e Modena. Un viaggio a ritroso”.

Matteo, com’è nato e come ha preso forma il progetto di “Infinito”?
Sono da sempre un appassionato di fotografia, e uno dei punti di riferimento è Luigi Ghirri. L’idea del film è scaturita dopo aver letto il libro “Niente di antico sotto il sole”. Tramite i suoi scritti si entra in un’altra dimensione. C’è un tale senso di profondità che consente di capirne il percorso artistico e quello umano. Una frase che amava ripetere era: Io sono prima una persona, poi un fotografo”. Ecco, ho deciso di raccontare la persona per capire la profondità del suo percorso artistico.

Perché questo titolo?
Luigi Ghirri era un grande pensatore. Nel documentario, Gianni Leone – collega e amico di Luigi Ghirri – dice una cosa che condivido: ‘Siamo sicuri che Luigi Ghirri sia stato solo un fotografo? Secondo me no. Secondo me è stato molto, molto di più. Si è servito della fotografia per compiere un processo più ampio di analisi della realtà, da filosofo. Lui già negli anni 80 sottolineava come la nostra immagine fosse inquinata, sovraesposta, e come non fossimo più in grado di poggiare lo sguardo su quello che abbiamo realmente intorno a noi’. Ghirri guardava agli altri e suggeriva un percorso di educazione all’immagine, un percorso che devono fare tutti, non solo gli artisti. Un percorso appunto infinito, perché non finisce mai.

Quanto è stata importante la collaborazione con le due figlie, Ilaria e Adele?
La collaborazione con Adele e Ilaria è stata fondamentale, loro da subito hanno appoggiato l’idea di partire dall’uomo per raccontare l’artista. Insieme abbiamo cercato di capire chi potessero essere le persone che mi avrebbero accompagnato in questo viaggio. Un punto fondamentale nel suo percorso sono stati gli incontri, umani e artistici, e io volevo restituire anche questo. Luigi si circondava di persone molto diverse tra loro che erano sicuramente uno stimolo di crescita continua.

Torniamo al docufilm: quali sono le linee attraverso cui si sviluppa la narrazione per immagini?
Penso che siano due gli aspetti più importanti, che sono anche al centro del film: la memoria e la pulizia dello sguardo. Luigi Ghirri, spesso, viene associato alla pianura Padana; in realtà, come diceva lui, la provincia è un punto di partenza per andare oltre. Queste fotografie, viste in qualunque altra parte del mondo, da persone di ogni età, regalano tanto altro che, per me, è proprio la memoria. Memoria vista come memoria fantasia che si trasforma e permette a ciascuno di vedere quello che vuol vedere. come ha detto anche il pittore Davide Benati: ‘Ghirri usava la macchina fotografica come un giocattolo’. Questo gli ha permesso di andare oltre, in un’altra dimensione, inconscia. In altre parole: nelle fotografie di Ghirri ognuno vede cose diverse, a seconda del percorso che sta facendo.

Com’è stato coinvolto Stefano Accorsi?
Accorsi è un grande appassionato di Ghirri; oltre alle sue bellissime foto, l’hanno colpito la sua capacità di analisi e sintesi anche con le parole, è rimasto impressionato dalla sua capacità di immortalare esattamente quello che vedeva e raccontava, restituendo il mistero che si cela dietro l’immagine. La collaborazione è stata spontanea e nata su questi presupposti.

Ti ha aiutato il fatto che tu sia bolognese e che Ghirri fosse emiliano?
Come dicevo in precedenza, la provincia e l’Emilia erano un punto di partenza per raccontare altro, quindi sicuramente essere emiliano è stato un aiuto perché sapevo dove muovermi, conoscevo già molto bene le zone, ma allo stesso tempo la connessione con Ghirri è nata su altri binari, sull’elaborazione fantastica della memoria e sulla ricerca di un’identità. Temi che sento molto vicini.

di Francesco Rossetti

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