‘Karajan, Mirella, Luciano e io’, intervista a Leone Magiera

Leone Magiera (foto) è un’istituzione modenese, un prezioso scrigno di conoscenza umana e musicale. 87 anni ottimamente portati, il Maestro ha presentato di recente il suo ultimo libro: “Karajan. Ritratto inedito di un mito della musica” (pagg. 257, 18 euro, La Nave di Teseo). L’idea per una strenna natalizia, perché la narrazione è ricca di aneddoti gustosi che fanno luce anche sul Karajan privato.

Maestro, questo è un libro per tutti o solo per addetti ai lavori?
Penso sia per tutti. Ovviamente tutti coloro che siano un po’ appassionati di musica, ma ho voluto privilegiare il lato umano. Perché con Karajan ho avuto un vero rapporto di amicizia: parlavamo spesso di quello che avveniva in teatro, per esempio dei fiaschi storici dei grandi cantanti. Io penso sia un libro anche divertente. Moni Ovadia – che ha molto amato il libro – si è divertito raccontando la storia dell’incontro di boxe tra Carlos Kleiber e Renato Bruson. Sì, è un libro che contiene aneddoti e racconti di vita non soltanto musicali.

Karajan com’era di persona: ombrosa, difficile?
Più che difficile, era temuto. Perché era molto esigente, un giudice severo. Diventava una persona difficile se una cosa non gli andava bene musicalmente. Pretendeva il massimo della concentrazione, a volte poteva essere decisamente scortese. Mandava via i cantanti o gli strumentisti che non gli piacevano.

Anche Karajan, come lei, aveva una particolare passione per le voci. Com’erano le lezioni che tenevate insieme?
Erano lezioni di interpretazione: la tecnica è importante ma non è tutto e non è la cosa più importante. Del resto, chiedendo sforzi di tipo interpretativo e artistico, Karajan migliorava anche la tecnica, si era più impegnati col diaframma e la volontà.

È vero che con Karajan sia Mirella Freni che Luciano Pavarotti diedero il meglio…
Sì, credo che non abbiano mai cantato così bene come con lui. Ovviamente si esibirono sempre ai massimi livelli, ma con Karajan trovarono qualcosa in più: era quella corda misteriosa che il Maestro sapeva toccare e che noi comuni musicisti non abbiamo. Alla sua morte, anche Luciano e Mirella dissero che se n’era andato il più grande. Luciano addirittura prendeva un aereo per andare a seguire le sue prove, solo per trarne nutrimento artistico.

Come sceglieva i cantanti Karajan?
Non faceva audizioni, preferiva valutarli in recita. Pare che addirittura si travestisse per passare inosservato e non essere circondato da ammiratori, perché non avrebbe avuto la tranquillità di ascoltare l’opera.

Il 10 dicembre a Ginevra lei sarà insignito del titolo di Ambasciatore per i Diritti Umani: che effetto le fa?
Mi fa un po’ effetto perché mi chiameranno eccellenza e io sono per natura un po’ schivo. Pensi che sarei anche Commendatore della Repubblica, forse questa è una delle prime volte che lo dico. In realtà l’unico appellativo che accetto volentieri è Maestro, perché è quello che riconosce il diploma di conservatorio.

Maestro, l’arte serve o non serve?
Penso che l’uomo abbia bisogno di bellezza e che l’arte stimoli il cervello. Ascoltare un concerto di pianoforte o di violino fa bene al sistema nervoso. Produce un godimento artistico che può elevare l’animo umano.

di Francesco Rossetti

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