“Motor Valley, Viaggio nella terra dei motori”: l’intervista all’autore Stefano Ferrari

Modena è il fulcro della Motor Valley. Come mai così tante case automobilistiche sono nate in questa zona? La risposta potrebbe averla trovata Stefano Ferrari, giornalista sportivo e non solo da quasi trent’anni, il quale, insieme alla collega Miria Burani ha realizzato “Motor Valley, Viaggio nella terra dei motori” (Minerva edizioni), tratto dall’omonimo documentario dello stesso Ferrari. 

Ferrari, com’è nata l’idea del film e di conseguenza del libro?
Il libro nasce come un racconto del making-off del documentario. Abbiamo dovuto condensare 22 ore di interviste in un film di un’ora e dieci minuti. Ho cercato di spiegare perché la Motor Valley sia una realtà che è nata e si è sviluppata proprio qui in Emilia Romagna. È un quesito che abbiamo chiesto ai nomi più grandi del motorismo locale e non solo, come Piero Ferrari (in foto con l’autore), Stephan Winkelmann a.d. di Lamborghini e Stefano Domenicali. Le risposte che hanno dato sono state sostanzialmente due. I nostri nonni erano tutti prevalentemente contadini, e perciò dovevano essere capaci di riparare da soli i motori dei trattori, diventando meccanici per necessità. La seconda risposta invece è questa: fino a metà degli anni ‘50, a Reggio Emilia esistevano le Officine Reggiane, la prima grande industria italiana, che contavano fino a 13mila dipendenti. Erano le uniche a realizzare motori per navi, aerei e treni. Dopo gli anni ‘50 le Officine chiusero, e tutti i dipendenti, dagli ingegneri, fino agli operai, andarono a lavorare nelle nasciture grandi industrie motoristiche, come Ferrari e Maserati. Mettendo insieme le conoscenze di questi lavoratori con le esigenze dei nonni contadini, ecco che nacque la Motor Valley”. 

Per lei che è nato e vive in questa zona, cosa significa far parte della Motor Valley?
Un’opportunità per raccontare la terra, dove sono nato e cresciuto, e nella quale ho lavorato, dato che scrivo più o meno da sempre di motori. Inoltre, è come tornare alle proprie radici: non abito molto lontano da Modena e Maranello e, per chi come me era bambino negli anni ‘70, sentire sfrecciare un motore della Ferrari rappresenta una parte di noi stessi”. 

Qual è la storia più affascinante dietro la nascita di una casa automobilistica?
Per me il più grande di tutti è Giampaolo Dallara. A parte che, nonostante i suoi 86 anni, racconta la mobilità 2050 come se la dovesse vivere domani, ma perché è stato artefice di grandissime lavori ovunque sia stato, che sia in Ferrari o in Lamborghini. Quando decise di mettersi in proprio ha realizzato macchine per altri, ideando le auto da corsa più belle. Dallara costruisce e progetta tutte le vetture della Formula Indy”. 

Oltre qui in Emilia Romagna, dove sei stato per girare le interviste?
In Inghilterra. Lì andammo nella sede della Formula 1 per intervistare Stefano Domenicali, il quale ci invitò nel suo ufficio, proprio nel cuore di Londra. Per me è stata veramente una grande emozione. In seguito andammo da Jody Scheckter, campione mondiale con la Ferrari nel ‘79, che vive nella campagna inglese producendo mozzarelle di bufala. Lui si definisce uno dei più grandi produttori di mozzarella per pizza di tutto il Regno Unito. Ha una fattoria enorme, con le bufale prese dall’Italia, mentre i macchinari glieli manda uno di Reggio Emilia, che conobbe quando abitava a Maranello”.  

Il libro verrà presentato durante questa edizione del Motor Valley Fest?
Si, nonostante l’uscita sia stata a novembre. Inoltre stiamo lavorando a due nuovi documentari: il primo dedicato alla Maserati, mentre il secondo, che sarà pronto in estate, sui settant’anni dell’autodromo di Imola, che cadono proprio nel 2023. I festeggiamenti sono già iniziati, ma noi lo presenteremo a luglio”. 

In autunno uscirà il film di Micheal Mann su Enzo Ferrari, mentre uno su Lamborghini è già disponibile su Amazon Prime. Hollywood si è accorta tardi che ci sono storie da raccontare nel mondo dei motori?
No, perché il progetto del film su Ferrari era in piedi dal 2001. Il regista Mann, a quei tempi, mandò a Modena uno dei suoi sceneggiatori. Ma siccome c’era bisogno del benestare della famiglia Ferrari, per vent’anni non riuscirono a mettersi d’accordo. Poi, lavorando molto sulla sceneggiatura, è riuscito a convincere la famiglia ad accettare. Per quanto riguarda il film su Lamborghini, purtroppo non è un granché”. 

 

di Mattia Amaduzzi

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