Il disco della settimana: “Barn”, il ritorno di Neil Young con i Crazy Horse

Neil Young & Crazy Horse – “Barn”

Quello di Neil Young con i Crazy Horse è un connubio più che cinquantennale. Il primo album a loro nome, infatti, è “Everybody Knows This is Nowhere” del 1969, che conteneva grandi classici come “Down by the River” e “Cowgirl in the Sand”. Ogni reunion del grande canadese con la sua storica band è quindi un evento che non può passare inosservato. Registrato in un fienile completamente ristrutturato, questo “Barn” è il secondo disco del nuovo corso dei Crazy Horse, da quando cioè Nils Lofgren ha preso il posto di Frank Sampedro come seconda chitarra, ed è decisamente migliore del precedente “Colorado”, che pur era più che dignitoso. Un album che predilige le atmosfere intimiste e la forma della ballata, anche se non mancano brani più tipicamente rock ed elettrici, vero marchio di fabbrica di Neil Young & The Crazy Horse. Tra questi ultimi non possiamo non segnalare la brillante “Heading West”, con un ritornello molto orecchiabile, ma anche la potente “Human Race”, con le chitarre ruggenti e la ritmica trascinante.

Ma le emozioni maggiori in “Barn” vengono dalle ballate, a partire dalla iniziale “Song of the Seasons”, una splendida canzone aperta dall’armonica e arricchita dall’accordion di Nils Lofgren che le da un delizioso retrogusto di frontiera. Altrettanto bella è “They Might Be Lost”, con un’atmosfera intima e profonda e l’armonica a dare al tutto un tocco western. Rispetto ai classici album di Young con i Crazy Horse le canzoni sono relativamente brevi, se si eccettua la fascinosa “Welcome Back”, che supera gli otto minuti ed è uno dei momenti più interessanti del disco col suo andamento lento guidato da una chitarra solo in parte elettrica. A chiudere il disco è “Don’t Forget Love”, un altro brano lento e romantico, con Young al piano e un arrangiamento scarno che ricorda certe cose degli anni ’70. “Barn” è un disco decisamente bello e a tratti anche originale, che conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, lo straordinario talento del “loner” canadese.

di Giovanni Botti

 

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