Ristorazione, riapertura in agrodolce. Intervista a Luca Ascari di Fipe-Confcommercio

Il servizio ai tavoli è di nuovo consentito all’aperto e fino alle 22. Dopo mesi di chiusura, le riaperture sono un passo importante, che ci riporta a una quasi normalità e ci fa respirare meglio. Eppure non mancano le polemiche, mentre il virus continua a circolare. Luca Ascari, segretario provinciale Fipe-Confcommercio, ci spiega le ragioni e le perplessità degli esercenti: “La situazione sanitaria è ancora grave, ma la notizia è ottima perché mostra che, da parte del Governo, c’è una programmazione sulle riaperture. La ripartenza, però, non è per tutti. Nella ristorazione, oltre la metà degli esercenti non riaprirà perché non ha spazi esterni”.

Non andremo tutti al ristorante, forse andrà giusto la metà dei clienti soliti, no?
Se non aprono tutti, i clienti prendono d’assalto quelli aperti e, con la chiusura alle 22, siccome non ceni alle 19 e scappi alle 21.45, vedremo lunghissimi aperitivi e problemi di assembramento. Chi non ha spazio esterno è penalizzato e ci sono attività di ristorazione, i locali stellati ma non solo, il cui punto di forza è l’accoglienza all’interno, perché la ristorazione non è solo cibo ma anche cultura e territorio. Altro elemento negativo è l’esterno, perché mangiare al freddo o sotto la pioggia, agli italiani non piace. Poi ci sono strutture, le cosiddette verande, classificate come chiuse ma che garantiscono un certo ricambio di aria, su queste chiederemo valutazioni aggiuntive.

Ricordando che c’è un’emergenza sanitaria in corso, quali soluzioni proponete?
Autorizzare le attività al chiuso in grado di garantire un ricambio di aria certificato dall’Asl oppure di fare entrare solo i vaccinati e chi fa un tampone, come per i viaggi. Ci sono protocolli che devono valere per tutti, rispettando i quali, si può somministrare al chiuso, come già si fa nelle mense aziendali. Se qualcuno non li rispetta, si torna alla questione dei controlli. A Bolzano, ad esempio, gli studenti fanno due tamponi a settimana...

Paragonare la scuola al ristorante, concettualmente, è faticoso…
Non li paragono, certo che no, ma voglio dire che in certe situazioni vigono protocolli specifici, perché non applicarli anche alla ristorazione? I protocolli da rispettare al chiuso ci sono già, perché non vanno più bene? Se occorre, siamo disponibili a renderli più stringenti. Chiediamo regole certe per lavorare in sicurezza, ma vogliamo lavorare.

Tornando ai controlli, si sa, sono complessi e molto costosi per la collettività…
In Italia, purtroppo, i ‘furbetti’ ci sono. Molti si sentono autorizzati a non rispettare le regole pur di lavorare ed è un problema. Noi rappresentiamo tanti imprenditori che investono, hanno dei dipendenti e vogliono lavorare nel pieno rispetto delle regole. I controlli servono.

Mangiare fuori è tempo libero che, durante un’emergenza ma non solo, viene dopo salute, istruzione e lavoro. Perché tante polemiche?
Certo, con 12/13 mila nuovi contagi e 500 morti al giorno, è ovvio. A fronte di chiusure così lunghe, però, bisogna garantire alle aziende ristori sufficienti a sostenere le spese fisse.

A proposito di ristori, a che punto siamo?
Sulle spese fisse, il grosso problema sono le locazioni con i proprietari che per lo più non concedono sconti. Poi c’è la TARI, per cui abbiamo scritto ai sindaci della provincia chiedendo l’esenzione totale, ottenendo un piccolissimo sconto del 25% sulla quota variabile. Il Comune di Modena sconterà un altro 33% sull’ultima bolletta 2020 ma il resto si paga tutto, è scandaloso. I ristori arrivati, calcolati in modo assurdo, coprono meno del 10% di fatturato. Chi ha avuto un calo del 27,9%, sotto il 30% previsto, non li ha avuti. Servono ristori più forti per non chiudere.

L’anno scorso avete promosso il delivery tra gli associati, ha funzionato?
Gli esercenti non vendono solo cibo o bevande, ma anche socialità. Detto questo, molti si sono adeguati, sì, trasformando l’emergenza in opportunità e rivedendo il business plan. Non tutti, però, sono capaci di rigenerarsi. Qualcuno ha le antenne dritte e si è attrezzato, ma ci sono strutture che, per motivi vari, non possono fornire quel servizio.

Il turismo, invece, versa in quali condizioni?
Il turismo paga, in generale, un prezzo molto alto, ma l’alberghiero è letteralmente a terra. Se vogliamo preservare un elemento fondamentale per l’economia, il tema ristori adeguati è prioritario. Qualcosa è arrivato, specie per i dipendenti, ma non garantisce una transizione tranquilla verso la riapertura. I criteri vanno rivisti”. C’è altro che vuole aggiungere? Sì, c’è anche il wedding da salvaguardare, l’organizzazione di matrimoni e altri eventi. E’ una nicchia dimenticata, con aziende in grossa difficoltà che la Regione ristorerà con appena 3mila euro.

di Patrizia Palladino

WP-Backgrounds Lite by InoPlugs Web Design and Juwelier Schönmann 1010 Wien