Spilamberto: ritrovata una fornace della seconda età del ferro. Verrà restaurata ed esposta nel Museo

A Spilamberto è stata ritrovata una fornace della seconda età del ferro. Le indagini archeologiche che hanno portato al rinvenimento della fornace che sarà esposta nel Museo Archeologico Antiquarium di Spilamberto rientrano nell’ambito delle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale e Autorizzatoria Unica per il “Piano di coltivazione e sistemazione CAVA FORNACE – Polo 8 Traversa selettiva Panaro”, avviate nel 2019 dal Frantoio Fondovalle S.r.l.

Nel 2020, come richiesto dalla Soprintendenza, sono iniziate le indagini archeologiche preliminari sull’area di coltivazione. È stata messa in evidenza la presenza dei livelli di frequentazione di epoca romana e dell’età del ferro, con elementi significativi in due settori, in particolare il settore ovest della cava. Qui è stato richiesto un ampliamento dell’area di indagine al fine di meglio comprendere le strutture messe in luce. Si è così individuata un’area antropizzata caratterizzata dalla presenza di uno strato di frequentazione databile alla seconda età del ferro, che ha restituito moltissimi reperti, tra i quali spiccano un’abbondante presenza di ceramica grigia e di ceramica di tradizione non locale, oltre a una fibula celtica, probabilmente attribuibili alla componente ligure e celtica presente nell’area tra IV e III secolo a.C.

Il settore indagato è caratterizzato dalla presenza di una canalizzazione di origine naturale in parte risistemata, orientata in senso est-ovest, sul cui margine meridionale si affacciava l’imboccatura di una fornace a pianta rettangolare, oltre ad almeno altri due punti di fuoco.

La fornace, caratterizzata da pianta rettangolare ed una struttura in concotto, è di tipo verticale (con camera di combustione e camera di cottura sovrapposte) e conservata limitatamente al prefurnio (l’imboccatura e parte dell’area di lavorazione del combustibile) e alla camera di combustione inferiore, con resti dell’imposta della copertura a volta che chiudeva in origine la camera di cottura. Della camera di combustione si conservano quattro dei cinque muretti di sostegno del piano forato, costituiti da mattoni in argilla concottata e parzialmente vetrificata. Al disopra dei muretti si conserva un lacerto del piano forato che su questi appoggiava e sul quale si impilava il materiale ceramico da cuocere. Tre delle sei intercapedini tra i muretti di sostegno sono state indagate fino al piano inferiore della camera di combustione.

La fornace è orientata con l’imboccatura rivolta a nord, su un canale che tra i diversi livelli di riempimento presentava porzioni della sua struttura superiore demolita, oltre a numerosi reperti ceramici e metallici. A sud della fornace sono state individuate inoltre alcune buche di palo, in parte riferibili a tettoie o strutture leggere funzionali all’impianto produttivo. Si trattava dunque di un’area di lavorazione prossima ad un insediamento la cui localizzazione ancora sfugge.

In considerazione del buono stato di conservazione della struttura e dell’importante significato per lo studio del contesto nell’ambito del popolamento del territorio in epoca preromana, l’Amministrazione comunale ne ha richiesto la musealizzazione all’interno dell’Antiquarium.

È stato quindi redatto dai restauratori della Soprintendenza un articolato progetto di distacco e restauro conservativo della fornace che, a seguito di autorizzazione della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale, potrà essere rimossa dall’area di indagine e ospitata e restaurata nei locali del Museo archeologico.

Il progetto si innesta in un consolidato percorso di collaborazione tra Soprintendenza e Comune di Spilamberto, avviato a partire dal 1979 a seguito delle importanti scoperte nel fiume Panaro, grazie ad uno specifico accordo di valorizzazione siglato nell’agosto 2021 e vede in campo i restauratori della Soprintendenza, gli archeologi professionisti, il Gruppo Naturalisti di Spilamberto e gli Uffici Tecnico e Cultura del Comune di Spilamberto.

 

Spilamberto nell’età del ferro

Per la prima età del ferro le testimonianze di VIII – VII sec. a.C. restituite dal territorio di Spilamberto sono esigue, probabilmente a causa dell’attrazione sul popolamento esercitata dall’importante centro di Savignano sul Panaro, posto strategicamente allo sbocco del fiume in pianura, ma sono comunque piuttosto significative in relazione alla frequentazione di epoca villanoviana gravitante sull’asse del Panaro. Per la successiva fase di VI e V sec. a.C. i rinvenimenti delineano un assetto territoriale costituito da piccoli nuclei insediativi collegati alla frequentazione della valle del torrente Guerro tramite una rete di vie di percorrenza trasversali, marcate dalla probabile presenza di piccole aree di culto, come testimoniano anche due bronzetti votivi rinvenuti da Arsenio Crespellani nel 1881.

Importanti testimonianze relative alla seconda età del ferro provengono dalle indagini della Soprintendenza in Cava Ponte del Rio. Gli scavi, effettuati tra il 2003 e il 2005, hanno restituito un’impressionate sequenza insediativa che data dal Neolitico fino all’alto Medioevo. Il suolo frequentato nell’età del ferro giaceva a circa 4-5 m di profondità. L’area settentrionale della cava ha restituito tre pozzi per l’acqua, costruiti probabilmente tra il VI e il V sec. a.C. I materiali dai loro riempimenti e dall’area circostante sono riferibili invece ad una fase di IV-III sec. a.C., corrispondente all’occupazione celtica del Modenese.

Come testimonia Livio nel noto passo relativo alla colonia di Mutina (Liv. XXXIX,55), l’agro modenese prima abitato dagli Etruschi agli inizi del IV secolo a.C o poco prima, risulta in mano alla tribù celtica dei Boi. Sicuramente nel 218, momento della calata di Annibale in Italia e della rivolta dei Boi, questi sono ben presenti nel territorio, tanto da mettere in difficoltà i triumviri di Piacenza, che si asserragliano entro le mura del centro precoloniale di Modena. Fanno parte delle testimonianze funerarie della presenza di Celti nel territorio anche due tombe di guerrieri, individuate sempre in Cava Ponte del Rio, in corrispondenza della notissima necropoli longobarda.

Lo studio della fornace, dei reperti che essa produceva e del settore artigianale indagato consentiranno un più puntuale inquadramento della presenza dei Celti nel territorio e del loro rapporto con le componenti etrusca e ligure, con le quali convissero fino alla romanizzazione.

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