I segreti dei Tardigradi, ce li spiega il biologo Prof Guidetti

Detti anche ‘orsetti d’acqua’, i tardigradi sono animaletti così piccoli che l’occhio umano non riesce a vederli ma, a dispetto delle loro dimensioni, vengono spesso citati come gli animali più resistenti sulla terra. Da decenni un gruppo di studiosi di Unimore, riconosciuti ormai universalmente come i maggiori esperti di tardigradi, ne studia la biodiversità. Scopriamo qualcosa in più con il biologo Roberto Guidetti, professore associato presso il Dipartimento di Scienze della Vita.

Cosa sono esattamente i tardigradi?
Sono piccolissimi animali con 8 paia di zampe, sono parenti degli insetti e dei ragni. Detti anche ‘orsetti d’acqua’ per il loro aspetto pacioso (foto), popolano tutto il mondo, dall’Artide all’Antartide, dai deserti alle montagne, dai fiumi fino agli abissi.

Perché sono interessanti da studiare?
Per essere vitali, tutti i tardigradi devono essere circondati dall’acqua, ne basta anche un velo. Le specie che vivono in ambienti in cui l’acqua evapora, ad esempio nei muschi, si disidratano, riducono le loro dimensioni e creano delle sostanze che li mantengono in vita. Quando sono secchi sospendono completamente il loro metabolismo, come se fossero morti. In questo stato anidro, possono resistere anche settimane per poi reidratarsi e riprendere, come niente fosse, la loro vita attiva. Per un tardigrado, il tempo trascorso da secco è come se non fosse mai passato, come se si fosse interrotto.

Cioè vuol dire che non invecchia mentre è secco?
Sì, parliamo infatti di Sleeping Beauty Model, modello Bella Addormentata, che quando si sveglia è come se non si fosse mai addormentata.

Ma hanno anche altre capacità favolose, no?
Sì, molte altre. Già sopravvivere senza acqua è un gesto estremo, ma oltre a questo sopportano temperature superiori ai 150°C o prossime allo zero assoluto, resistono alle radiazioni mille volte più di un essere umano e sopravvivono al vuoto assoluto, ma sono anche capaci di reggere una pressione mille volte superiore a quella atmosferica.

Quanto tempo possono resistere?
Se li conserviamo secchi, nel vuoto assoluto e a temperature molto basse, tipo a -273°C, potenzialmente possono resistere decine, centinaia se non, forse, migliaia di anni. In base alle evidenze di cui disponiamo, l’unica cosa che potrebbe ucciderli, mentre sono in anidrobiosi, è l’ossidazione. In laboratorio li teniamo secchi, a -80°C e quando, dopo 10/15 anni, li mettiamo in acqua, riprendono a vivere.

Studiare le caratteristiche dei tardigradi porta anche benefici per noi, quali sono?
Oltre alla bellezza della conoscenza in sé, dallo studio dei tardigradi possiamo ricavare dei benefici diretti riguardo, ad esempio, la biomimesi, cioè l’imitazione dei loro meccanismi di sopravvivenza in stato anidro. Se riusciamo a capire quali molecole sono coinvolte nel processo, potremo usarle per disidratare il cibo, le cellule staminali, i farmaci e altro.

Anche un vaccino?
Sì e sarebbe molto più semplice conservare un vaccino in stato anidro rispetto a conservarlo a -80°C. Attualmente, siamo abbastanza lontani dalla comprensione dei segreti di questi animali. Negli ultimi dieci anni, però, grazie alla tecnologia, riusciamo a lavorare bene anche su piccole quantità di materiale, ricavandone molte informazioni.

I tardigradi sono così affascinanti che si sono guadagnati un posto nell’immaginario cinematografico. Compaiono ad esempio nella serie ‘Star Trek: Discovery’ e nel film “Ant-Man and the Wasp”…
Sì, poi ci sono anche fumetti e canzoni sui tardigradi…

E c’è anche il Tardigrado Greta Thunberg

La ricerca, mi diceva, ha fatto buoni passi in avanti anche grazie alla tecnologia, qualche esempio?
Abbiamo scoperto proteine che hanno solo i tardigradi – risponde il Prof. Guidetti – e che li proteggono dalla disidratazione e dalle radiazioni. Facendo esprimere i geni di queste proteine all’interno di batteri o lieviti, è stato visto che questi resistono il 40% in più alla disidratazione. Le proteine dei tardigradi sono state inserite anche in una coltura di cellule umane, registrando un aumento del 30% nella resistenza alle radiazioni mutagene, quelle che possono dar luogo a mutazioni o tumori. Pensi alla radioterapia, se noi riusciamo a proteggere gli organi dalle radiazioni, avremo meno effetti collaterali e cure più mirate. Le applicazioni potenziali sono tante”.

Di recente avete scoperto quattro nuove specie, intitolandone una a Greta Thunberg. Perchè questa scelta?
Insieme a colleghi dell’Università svedese di Kristianstad, io ed Edoardo Massa, primo autore della pubblicazione, abbiamo studiato una Biosfera dell’Unesco nel sud della Svezia, scovando quattro nuove specie. Una di queste l’abbiamo dedicata a Greta, perchè entrambe sono svedesi ma anche perchè entrambi sono piccoli ma tosti, lottano contro le avversità e riescono a raggiungere il loro scopo. Greta è riuscita, quanto meno, a dare forte visibilità al tema del cambiamento climatico.

Mi sta dicendo che Greta ha la stessa tenacia di un tardigrado?
Sì, condividono la stessa tenacia. Anche lei lotta in un ambiente avverso, ricevendo persino pesanti attacchi personali, ma resiste!.

di Patrizia Palladino

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