Il disco della settimana: il folk colto e raffinato del nuovo album di Anais Mitchell

Anais Mitchell – ‘Anais Mitchell’

Anais Mitchell è una delle più interessanti cantautrici americane dell’ultima generazione. Classe 1981, originaria del Vermont, ha esordito a inizio anni 2000 con un album autoprodotto e altri due particolarmente di nicchia, salendo alla ribalta soltanto nel 2010 con il suo quarto lavoro “Hadestown”, un disco a tema basato su una variazione del mito greco di Orfeo e Euridice, dal quale è stato tratto un vero e proprio musical teatrale arrivato anche a Broadway nel 2019. Proprio la produzione di Broadway di “Hadestown” ha vinto diversi Tony Awards, tra cui quello come miglior musical, mentre l’album realizzato dal cast dello spettacolo ha conquistato il Grammy Award come miglior disco di teatro musicale nel 2020.

Dopo altri due lavori interessanti anche se meno esaltati dalla critica, “Young Man in America” (2012) e “Child Ballads” (2013), e l’esordio dei Bonny Light Horseman, la band che la vede affiancare l’ex National Josh Kaufman ed Eric D. Johnson, con l’ottimo album omonimo, la cantautrice del Vermont è tornata quest’anno con quello che forse è il suo disco più raffinato e a tratti pop. Intitolato semplicemente “Anais Mitchell”, l’album contiene dieci canzoni prodotte dallo stesso Kauffman e con la partecipazione di alcuni importanti personaggi dell’alternative folk a stelle e strisce come Justin Vernon, alias Bon Iver, e il chitarrista dei National Aaron Dessner.

Composto durante il lockdown nel suo Vermont, dove la Mitchell è tornata a vivere dopo un periodo a New York, il disco, registrato dal vivo in studio, ha un suono particolarmente omogeneo con alcune canzoni più folk e altre più pop, come la fascinosa “Backroads”, che ricorda certe cose di Joni Mitchell, o la leggermente più ritmata “On Your Way” che invece riporta alla mente la prima Suzanne Vega. E tra gli episodi migliori del disco ci sono sicuramente le due ballate di chiusura, “The Words”, scarna e nostalgica, e soprattutto “Watershed”, con un ritornello di grande presa. Da ascoltare assolutamente.

di Giovanni Botti

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