Il disco della settimana: “The Blues Don’t Lie” del mito Buddy Guy

Buddy Guy – “The Blues Don’t Lie”

Buddy Guy è uno degli ultimi miti del blues ancora in attività. A 86 anni (è nato nel 1936), continua a registrare dischi di qualità e a suonare dal vivo con regolarità. Chitarrista straordinario ha influenzato o ispirato maestri dello strumento come Jimi Hendrix, Eric Clapton, Steve Ray Vaughan, Jeff Beck e, tra i più recenti, John Mayer. Esclusivamente a suo nome ha registrato 19 album in studio e almeno sei dal vivo, senza contare tutti quelli pubblicati in coppia con Junior Wells e la miriade di collaborazioni realizzate nel tempo. Dagli anni 2010 ad oggi ha registrato cinque album, tutti di grande livello e sempre con la collaborazione di amici musicisti o di seguaci della sua arte. In “Born To Play Guitar” del 2015 duettava con Van Morrison, Billy Gibbons e Kim Wilson, mentre nell’ottimo “The Blues Is Alive And Well” del 2018 c’erano Mick Jagger, Keith Richards e Jeff Beck.

Il nuovo lavoro, “The Blues Don’t Lie”, uscito a quattro anni dal precedente, lo segue in scia, ed è forse ancora più tosto e potente. Prodotto da Tom Hambridge, il disco contiene ben 16 canzoni e vede la partecipazione, ancora una volta, di grandi ospiti, da Mavis Staples a Jason Isbell fino alla sua ex corista Wendy Moten. In “The Blues Don’t Lie” c’è il Chicago Blues in tutte le sue sfumature, dal sound più tosto e rock della iniziale “I Let My Guitar Do the Talking”, in cui la chitarra di Buddy “si fa sentire” davvero, al soul-blues in tonalità minore della splendida “We Go Back”, con la sempre più emozionante voce di Mavis Staples, fino alla conclusiva ed acustica “King Bee”, con il grande artista solo davanti al microfono, chitarra e voce. Belle anche la dura “Symptoms of Love”, con ospite Elvis Costello, la più raffinata e southern “Follow The Money” con James Taylor, e l’altro intrigante soul-blues “Gunsmoke Blues”, con un Jason Isbell particolarmente a suo agio con questo tipo di atmosfere. E non manca nemmeno una sorta di tributo all’amico B.B.King con una classica, quanto bella, versione di “Sweet Thing”. Un grande album.

di Giovanni Botti

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