“Sono un artigiano ossessionato dalla qualità“. Queste le prime parole dello chef Massimo Bottura dopo aver ricevuto dalla Confartigianato Emilia-Romagna il Premio Cultura 2023. Un’opera in ceramica del grande artista Mimmo Paladino, che riprende la forma di un boccale decorato con vari simboli che rimandano al mondo della cucina.
La cerimonia si è svolta nella sala del Cubiculum Artistarum dell’Archiginnasio di Bologna, alla presenza di molte personalità del mondo politico e istituzionale ed è stata introdotta dalle note del violino di Elisa Tremamunno. Per Lapam Confartigianato Modena e Reggio Emilia hanno partecipato Carlo Alberto Rossi, segretario generale Lapam Confartigianato, Daniele Casolari, segretario Licom, Roberto Prearo, segretario della sede di Carpi e Cinzia Ligabue presidente Licom.
Massimo Bottura ha dialogato con Federico Quaranta, conduttore televisivo e radiofonico. “Spesso e volentieri i nostri ospiti a tavola ci guardano e dicono: questa non è cucina, è arte – ha sottolineato lo chef Bottura –. Con assoluta normalità rispondo che c’è una differenza sostanziale: un artista è libero di fare ciò che vuole, io invece sono un artigiano ossessionato dalla qualità, in ogni cosa che faccio. Come un ingegnere della Ferrari deve costruire una macchina veloce, così un artigiano deve cucinare del cibo buono. Io mi rispecchio nella categoria degli Artieri, che nella letteratura sta ad indicare colui che esercita un’arte. Un artigiano lavora con queste mani, accumula dentro di sé secoli e secoli di storia e trasforma quello che è la nostra conoscenza, il nostro senso di responsabilità in qualcosa che diventa unica e irripetibile e questo in Italia è l’esempio di ciò che rappresenta l’arte artigianale. L’artigiano fa cultura e la tiene viva ogni giorno. La cucina è cultura, ora sembra che in tanti se ne stiano accorgendo, infatti la cucina italiana è al vaglio per diventare Patrimonio dell’Umanità. La cultura sviluppa conoscenza, dalla conoscenza si arriva alla coscienza di ciò che hai fatto, di come l’hai fatto e di come l’hai raggiunto. Il duro lavoro nella quotidianità e il senso di responsabilità sono le leggi della mia vita. Amo tutto ciò che è arte e bellezza, cucinare è un gesto d’amore che trasporto in tutti i miei progetti, che siano per i primi del mondo o per gli ultimi, per me è la stessa cosa“.
“Nel momento in cui il mondo ha bisogno di più gesti sociali – ha proseguito lo chef pluristellato –, chi ha avuto fortuna di avere tutto dalla vita come me sa che è ora di restituire. E allora nascono tutti i progetti sociali che abbiamo a Modena e in varie parti del mondo dove creiamo refettori per offrire un pasto a senzatetto e a tutti i bisognosi, luoghi splendidi dove recuperiamo l’eccesso di produzione di cibo nel mondo. Ricordiamo che sprechiamo il 33% di ciò che produciamo per l’alimentazione. L’anno scorso abbiamo trasformato 950 tonnellate di cibo, che altrimenti sarebbe stato sprecato, in 2.550.000 pasti per persone in difficoltà, coinvolgendo 105.000 volontari e chef di tutto il mondo perché la rivoluzione lo si fa insieme, perché assieme siamo più forti. Combattere lo spreco alimentare significa combattere anche il cambiamento climatico. Non ho fatto altro che agire come avrebbe fatto mia nonna: non ti alzi da tavola senza avere finito ciò che è nel tuo piatto, non si butta via nemmeno il pane secco. Il mio segreto è continuare a sognare, io non potrò mai lasciare l’osteria Francescana o Casa Maria Luigia. A Modena abbiamo costruito qualcosa di unico che sta coinvolgendo 150 ragazzi, erano 105 prima del covid. E lo abbiamo fatto lentamente cercando di avere le radici ben profonde. La cosa fondamentale che insegno è viaggiare con gli occhi e le orecchie aperte, ma senza dimenticare chi sei e da dove vieni perché quella è la tua base, la tua cultura, il tuo modo di esprimerti“.