L’urlo rock di Alberto Bertoli: il cantautore ha pubblicato “Pane al Pane” contro haters e complottisti

Alberto Bertoli ha appena pubblicato un pezzo – “Pane al pane” – di grande impatto musicale e con un testo ben calato nel presente che viviamo, quello della pandemia. Com’è solito fare, Alberto – che oltre alla dimensione artistica, è anche logopedista – non la manda a dire e se la prende con tutti coloro che gridano al complotto e scatenano campagne di odio sui social contro i vaccini.

Da dove ha avuto origine un pezzo come “Pane al pane”?
Partiamo dalla questione dei vaccini. È un tema con cui mi confronto da anni, potrei dire da sempre. Sono figlio di uno (ndr. Pierangelo Bertoli) che ha avuto la poliomelite a nove mesi e non ha camminato per il resto della sua vita. Se all’epoca ci fossero stati dei vaccini, mio padre ne avrebbe fatti non uno, ma anche quattro o cinque. Sono amico del professor Burioni e mi è anche capitato di cantare alla presentazione di alcuni suoi libri. In questi mesi di pandemia, a causa del Covid ho perso alcuni cari amici, anche due colleghi, mentre la mia compagna ha perso la nonna. E mi è capitato anche di parlare con amici che sono convinti No Vax. Ecco, questo è il contesto da cui ha origine il pezzo.

E dal punto di vista musicale?
Volevo scrivere un album nuovo e avevo già pronta qualche canzone. In particolare avevo in testa un ‘hook’ (uncino, in inglese). Sotto Natale l’ho condiviso con un amico – Marco Baroni, anche lui sassolese – e lui, che è un ottimo autore, ci ha costruito una canzone. Ma il suo testo non mi convinceva appieno.

Scusa, cosa significa ‘hook’?
È un’idea musicale, spesso un piccolo riff che funziona, che cattura l’orecchio di chi ascolta.

Ok, torniamo alla genesi del pezzo…
Un giorno, dopo l’ennesimo confronto sui social, mi è venuto fuori il testo di “Pane al pane”. L’ho inviato a Marco, e anche lui l’ha trovato forte. Nel giro di due-tre ore abbiamo finito la canzone. Poi è rimasta lì.

E cosa è successo?
Un mese dopo mi è arrivata la telefonata di Alessandro Simonazzi; mi invitava a partecipare al progetto Collettivo Mario Rossi. Mi ha chiesto se avessi qualcosa di pronto. Ho risposto: no. Non era la verità, qualcosa di pronto ce l’avevo, ma non volevo spendermi così. Lui ha insistito, gli ho inviato il pezzo, a lui è piaciuto tantissimo e ho detto: va bene, facciamolo. Ho pensato fosse una bella opportunità per dire: ehi, noi ci siamo e facciamo canzoni, anche sotto lockdown. Penso che sia un pezzo con un testo che ha molto senso oggi, adesso.

Di recente sei stato vittima di violenti attacchi social, giusto?
Essendo anche logopedista – uno dei miei tre lavori, insieme al cantautore e al direttore artistico – mi sono vaccinato il 28 febbraio. Ho postato la foto, invitando tutti a fare altrettanto. Nel giro di mezza giornata la mia pagina è stata riempita di attacchi e insulti, un fenomeno che non avevo mai provato in vita mia. Io sono uno che non si tira indietro e prende spesso posizione, ma una valanga di messaggi pesanti così non mi era mai capitata. A quel punto ho deciso di pubblicare la canzone. Per me era importante mettere un punto fermo. Peraltro io mi fido della scienza, ma so anche che il discorso dei medicinali è delicato.

C’è un video molto bello su YouTube: dove l’avete girato?
Con il regista Corrado Ravazzini abbiamo individuato un’ala dell’ex Cibec, che adesso si chiama Campus Fincibec. Cercavamo un capannone che desse l’idea di venire giù da un momento all’altro. Loro ne avevano uno che avrebbero demolito nel giro di qualche settimana. E così abbiamo girato lì. L’ho trovata una scelta poetica.

Chi sono i tuoi musicisti nel video?
Moreno Bartolacelli alle tastiere, Marco Bolgiani alla batteria, Alessandro Maria Ferrari al basso e Guido Pelati alla chitarra.

Ligabue aveva già inciso un pezzo dal titolo “Pane al pane”. Lo sapevi?
No, non mi ricordavo di questo pezzo. Luciano è un amico e l’ho visto nascere professionalmente, perché agli inizi è stato aiutato da mio padre. Ma quella canzone mi era sfuggita. Comunque nella musica succede spesso che si condivida un titolo.

Nel progetto Collettivo Mario Rossi chi partecipa, insieme a te?
Andrea Barbi, Andrea Mingardi, i Mamamicarburo, Danilo Sacco, i Mai Noi No e tanti altri: artisti che hanno scritto pezzi che c’entrano con questo momento. Il senso è aiutarsi l’uno con l’altro, e mandare il messaggio che siamo vivi, anche se chiusi in casa.

Hai in programma qualche uscita dal vivo, sia da solo che come Collettivo Mario Rossi?
Sinceramente penso che questa estate sarà difficile per la musica dal vivo, in particolare per concerti che mettano insieme più artisti sul palco. Ho in ballo diverse opzioni nel caso in cui la situazione complessiva dei contagi possa migliorare in modo significativo. Dipenderà molto dalla quantità di vaccinazioni in questi mesi: se si arriverà a vaccinare almeno il 50% della popolazione, allora forse qualcosa si sbloccherà anche per concerti che abbiano l’ambizione di radunare un bel pubblico.

di Francesco Rossetti

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