Storie di Sport: Tommaso Silvestri, il calcio, lo studio e la corsa

(Foto Campanini-Baracchi)

Lo scorso anno è stato uno dei protagonisti della cavalcata del Modena di Tesser verso la serie B e anche quest’anno si è ritagliato uno spazio importante nella salvezza in cadetteria diventata ufficiale lo scorso weekend. Stiamo parlando di Tommaso Silvestri, difensore centrale arrivato nell’estate 2021 dal Catania. Adesso ha un sogno nel cassetto. “E’ quello che accomuna tanti ragazzi che fanno il mio lavoro e cioè arrivare il più in alto possibile – ci racconta – sarebbe bello poterlo fare proprio a Modena. Qui sto bene perché le persone mi hanno conosciuto anche a livello umano e sentirsi apprezzato da questo punto di vista credo sia la gratificazione più grande per una persona”.

Tommaso, ripartiamo dagli inizi. Qual è il tuo primo ricordo con un pallone…
E’ un bel ricordo perché l’allenatore era il mio papà. Diedi i primi calci con i pulcini nella squadra del mio paese, Fiesso d’Artico in provincia di Venezia, ma fu un’esperienza famigliare breve perché l’anno successivo andai subito nel settore giovanile del Venezia dove feci tutta la trafila fino agli allievi. Poi mi spostai a Torino sponda Juventus.

Nella Juventus che allenatori hai avuto?
Ne ricordo due in particolare: Maurizio Schincaglia, ex giocatore del Vicenza, e Luciano Bruni che ebbi l’ultimo anno di Primavera, quando vincemmo il Viareggio. In quella squadra c’erano giocatori importanti come Immobile, Pinsoglio, Marrone e Iago Falque.

Da ragazzino chi era il tuo modello calcistico?
Sono tifoso della Juventus e ho sempre ammirato molto Alessandro Del Piero, che ho avuto la fortuna di conoscere e allenarmici insieme. Feci il ritiro a Pinzolo con la prima squadra nell’anno della Confederation Cup e ricordo la sua disponibilità ed educazione nei confronti di tutti, da Buffon fino al Silvestri della Primavera. Ti faceva sentire sempre a tuo agio, anche se non disdegnava di riprendere qualcuno se vedeva comportamenti non in linea con il famoso “stile Juve”.

Hai avuto qualche convocazione in prima squadra?
No, solo il ritiro dove però mi hanno fatto la maglia per un eventuale esordio che custodisco ancora a casa.

L’ingresso nel mondo del calcio dei grandi quando è avvenuto?
Nel 2010 in serie C a Viareggio, fu un’esperienza più formativa che altro. Quell’anno giocai poco, c’era una situazione di classifica un po’ complicata, ci salvammo ai play out, era il mio primo anno nei grandi e trovai poco spazio, meno di 10 partite. Però quell’esperienza mi diede subito la consapevolezza della difficoltà di emergere o comunque di confermarsi in una realtà che non ha nulla a che vedere col settore giovanile.

Successivamente sei andato al Casale, una società storica…
E’ vero. Ho letto un articolo di recente che diceva che il Casale è la squadra che manca dalla serie A da più tempo, dal 1935, però è una società storica, con un tifo importante e lo era anche negli anni in cui ci ho giocato io. A Casale feci due anni di C2, nel primo sfiorammo la C unica e perdemmo in semifinale play off, il secondo andò male perché retrocedemmo e fallì la società che ora è in serie D. Però per me fu la prima vera esperienza importante per quanto riguarda il gioco con i grandi, perché feci tante presenze e incontrai per la prima volta giocatori di valore per la categoria. Fu un anno fondamentale per farmi le ossa.

Tra i giovani hai sempre giocato difensore?
A parte nei pulcini dove i ruoli sono di solito un po’ a sentimento, da quando sono entrato nel settore giovanile del Venezia ho sempre interpretato il ruolo di difensore.

La tua consacrazione però è stata a Ferrara…
E’ vero, a Ferrara ho passato quattro anni stupendi, con due campionati vinti, quello di C e quello di B. In B avevamo il 18° budget stipendi e la salvezza sembrava un’impresa, ma vincemmo il campionato. Fu un’annata strepitosa, ma ogni anno che ho vissuto a Ferrara lo custodisco gelosamente dentro di me. Ancora oggi, se vado là, mi fermano e queste sono cose che ti rimangono dentro perché capisci di aver lasciato un segno anche dal punto di vista umano.

Dopo Ferrara la Sicilia. Perché hai fatto questa scelta?
Volevo provare l’emozione di giocare al sud, molti compagni me ne avevano parlato come qualcosa di diverso e io l’ho provato sulla mia pelle. Sono stati quattro anni emozionanti in due piazze storiche come Trapani e Catania, di cui l’ultimo anno sono stato il capitano. Sono realtà che vivono il calcio in maniera quotidiana, sincera, forte. E’ bello giocare in piazze del genere perché ti senti calciatore a prescindere dalla categoria.

Nell’estate del 2021 sei arrivato a Modena. Era una città che conoscevi già?
No, però alcuni ex compagni come Pinsoglio, che ancora oggi sento, me ne avevano parlato bene. E’ una città a misura d’uomo, che si gira tutta in 15-20 minuti e con un centro storico bello e caratteristico. E poi, ovunque tu vada, mangi da Dio.

Qui hai conosciuto mister Tesser e il presidente Rivetti. Come ti sei trovato con loro? 
Prima di venire al Modena non conoscevo personalmente ne il presidente ne il mister e sono sicuramente state due piacevolissime sorprese. Non avevo avuto la fortuna di incontrare mister Tesser durante la mia carriera, però lavorarci insieme è stato qualcosa di molto importante, come ho sempre detto in questi due anni ho cercato di rubare il più possibile dai suoi insegnamenti, anche perché la sua carriera parla per lui. Idem con il presidente Rivetti, è stata una piacevole sorpresa perché difficilmente una persona qualsiasi può immaginare che un personaggio del genere, che in 40 anni ha creato un impero, possa essere così umile, così “normale”. I valori che ha il presidente sono quelli che ha trasmesso un po’ a tutta la squadra, a questa vera e propria famiglia che è il Modena. Sono valori di lealtà e di correttezza e penso che si possa andare fieri dei valori che il presidente e la sua famiglia hanno trasmesso in questi due anni.

Il tempo libero come lo passi?
Fuori dal campo sono un tipo abbastanza tranquillo, mi piace vivere la famiglia, stare con le mie due bimbe, Camilla e Celeste, una di 5 anni e l’altra di 9 mesi. E poi uscire con i compagni di squadra e le loro famiglie. Al calcio alterno lo studio, sono iscritto a Scienze Motorie, anche se nell’ultimo periodo, visti gli impegni famigliari, è diventato un po’ difficile seguirlo. Però è un obiettivo che non voglio mollare.

E’ vero che sei un runner?
Si, la corsa è una passione che viene dalla mia famiglia. Mio padre è un ex maratoneta e a livello dilettantistico ha fatto ottimi tempi nel mezzofondo. Anche mio fratello ha seguito le sue orme, ma in maniera meno profonda. In estate, quando stacco la spina dal calcio, mi piace passare un po’ di tempo con loro tra gli argini e le strade. E’ bello perché la corsa più la pratichi e più ti entra dentro, diventa quasi come una droga, è un qualcosa che ti fa star bene sia mentre corri che quando smetti. Ho visto che il primo giugno c’è la Run 5.30. Se sono a Modena non mancherò di sicuro. L’ho già fatta a Ferrara ed è stato molto divertente.

Se non fossi diventato un calciatore cosa avresti fatto?
Credo qualcosa nel mondo dello sport, forse avrei lavorato nel recupero degli infortunati o nella gestione della riabilitazione degli sportivi. E’ una cosa che mi ha sempre affascinato e che tutt’ora studio.

di Giovanni Botti

WP-Backgrounds Lite by InoPlugs Web Design and Juwelier Schönmann 1010 Wien