Storie di Sport: Luca Tremolada, gli assist, i manga e un sogno nel cassetto

(Foto Campanini-Baracchi)

Con undici assist all’attivo Luca Tremolada è in assoluto il miglior assistman della serie B. E considerati anche i quattro gol segnati, possiamo dire tranquillamente che nel Modena di Tesser è uno dei giocatori più decisivi. Nonostante ciò viene spesso criticato, soprattutto per il suo modo di intendere il calcio che lo porta spesso a cercare la giocata ad effetto anche quando, forse, non servirebbe. “Io ho sempre pensato che certe giocate, oltre a dare fiducia al giocatore, fanno anche divertire il pubblico”, racconta il fantasista gialloblu. “Per me il calcio è, prima di tutto, divertimento e passione. Purtroppo spesso quando uno rischia la giocata gli viene imputato il fatto di essere poco concreto. E’ vero che la concretezza certe volte paga, ma io sono dell’idea che i giocatori debbano esprimersi anche rischiando e tirando fuori le proprie qualità. Se rischi la giocata puoi sbagliare una o due volte, ma la terza metti in porta qualcuno o fai qualcosa di importante, accrescendo la tua fiducia e la tua voglia di far bene”.

Luca, undici assist a questo punto del campionato sono tanti. L’assist è sempre stata la tua giocata preferita?
Si, cercare di far fare gol ai miei compagni è sempre stato il mio pallino fin da piccolo. L’assist per me è la massima espressione del numero dieci, mi da proprio gioia e felicità.

Quando hai tirato i primi calci al pallone?
I miei genitori mi hanno detto che fin da piccolissimo avevo sempre il pallone in mano. A cinque anni sono andato a giocare alla Lorenteggio, la squadra di un quartiere di Milano. Per la scuola calcio ero sotto età, però la mia passione era già talmente sviluppata che i miei non hanno potuto fare a meno di portarmi.

Nelle giovanili dell’Inter, invece, quando sei entrato?
Ho fatto dai 6 agli 8 anni alla Lorenteggio poi, quando avevo otto anni, mi hanno chiamato diverse squadre tra cui Inter, Milan e Atalanta, per fare dei provini. Mi avrebbero preso tutte, però io ho scelto l’Inter e ho iniziato la mia trafila in nerazzurro, dai pulcini fino alla Primavera.

Hai scelto l’Inter perché eri tifoso nerazzurro?
No, in realtà la mia è una famiglia di milanisti. All’Inter mi ero trovato bene, c’era un bellissimo ambiente, degli allenatori del settore giovanile bravissimi e avevo fatto già amicizia con diversi bambini. Quindi mi è venuto naturale andare lì e i miei genitori sono stati bravi a darmi libertà di scelta nonostante fossi piccolissimo.

Nell’Inter hai vissuto un periodo straordinario, quello di Mourinho e del triplete…
A livello giovanile abbiamo vinto tutto e sono stato convocato anche in tutte le Nazionali di categoria, quindi il periodo all’Inter è stato davvero bellissimo. Poi sono stato due anni in Primavera e nel secondo ho fatto diversi allenamenti con la prima squadra e anche qualche convocazione. Era l’anno del ‘triplete’, quindi è stato tutto magico. Mi ricordo ancora che era veramente un’emozione ogni volta che andavo ad Appiano Gentile, anche solo il fatto di passare qualche ora con quei giocatori incredibili.

E di Mourinho che ricordi hai?
Ricordo soprattutto il suo carisma, il fatto che solo a guardarlo ti trasmetteva tanta fiducia e voglia di fare qualsiasi cosa per lui. E poi con noi giovani aveva un atteggiamento super, ci faceva allenare liberi di esprimere le nostre qualità, senza la paura di sbagliare.

Da ragazzino chi era il tuo idolo?
Sono sempre stato innamorato dei giocatori di qualità e all’epoca c’era Ronaldinho, il calciatore che mi ha fatto divertire di più. Poi dico Guti del Real Madrid, per gli assist incredibili che riusciva a fare e, un po’ più avanti, Iniesta.

Il tuo esordio nel calcio professionistico è stato proprio al Braglia, un segno del destino…
E’ vero, è stato proprio un segno del destino. Ho esordito in B col Piacenza al Braglia contro il Modena. Perdemmo 1-0 con punizione di Pasquato nel finale. Io avevo 18 anni e il primo impatto fu emozionante. E poi già allora a Modena si respirava calcio vero. Sono contento che adesso siamo tornati a quei livelli.

Prima di trovare la tua collocazione in campo hai giocato in diverse posizioni. Quando hai iniziato a fare davvero il trequartista?
E’ stato l’anno di Arezzo in C. Li c’era Ezio Capuano, che è stato anche qui a Modena. Il suo modulo era il 3-5-2, ma quando arrivai ad Arezzo capì che in quel modo facevo un po’ fatica. Allora ha cambiato, passando al 3-4-1-2 e mi ha costruito la squadra intorno. Di fatto lì è iniziato tutto, quindi gli devo molto. Ha avuto il coraggio di cambiare modulo per me e io l’ho ripagato sul campo. Senza quella sua intuizione avrei fatto molta più fatica perché sono davvero poche le squadre che giocano con il trequartista e lo intendono come un vero dieci. Ormai si contano sulle dita di una mano.

Questo perché secondo te?
Perché purtroppo viviamo in un calcio dove conta sempre di più la parte atletica e tattica rispetto a quella tecnica, tante volte si pensa più a non rischiare, a difendere e a guardare sempre la parte negativa di quello che può succedere utilizzando un certo tipo di giocatore, piuttosto che quello che certe qualità possono dare alla squadra. E’ un calcio in evoluzione, che punta di più sugli atleti che sulla tecnica però, come tutte le cose, penso che il trequartista, il cosiddetto numero dieci, tornerà. Soprattutto in Italia, lo vediamo anche ad alti livelli, Nazionale compresa, c’è poca qualità e quindi per forza di cose le nuove generazioni dovranno tornare a puntare un po’ più sulla tecnica.

Tu hai girato tante squadre e hai esordito anche in serie A. In quale partita?
Fu con il Brescia. L’anno prima avevamo vinto il campionato di B e io debuttai a San Siro contro il Milan. Giocai solo venti minuti, però ne è valsa la pena. Purtroppo, però, quell’anno ho avuto tanti infortuni, qualche divergenza con la società, e non ho più giocato. E’ davvero un peccato. Ho sempre pensato che almeno un anno in serie A per vedere se ci potevo stare me lo sarei meritato, anche per tutti i sacrifici che ho fatto. Però mi sono rimboccato le maniche e ci sto riprovando.

A Pordenone con Tesser ci sei andato vicino…
E’ vero ci andammo molto vicino. Io e il mister abbiamo un rapporto super, di stima e fiducia, e insieme abbiamo sempre portato dei risultati. Speriamo di riuscire ancora a fare qualcosa di importante.

A Modena come ti trovi?
Da quando siamo arrivati, sia io che la mia compagna, ci siamo trovati subito bene. Era una città che non conoscevo e sono rimasto piacevolmente sorpreso, è davvero bella. Viviamo in centro e il calore che i tifosi danno alla squadra lo avverto tutti i giorni. Questo aiuta molto anche per le prestazioni in campo.

Pratichi o segui altri sport?
Sono da sempre appassionato di basket, sia Nba che campionato italiano, e d’estate ogni tanto ci gioco al campetto con gli amici. Ne ho diversi che giocano a basket in serie A come Pietro Aradori, adesso nella Fortitudo in A2, ma in passato anche capitano della Nazionale. E’ uno sport, sano, bello, e un ambiente che mi piace.

La tua passione per i manga, One Piece in particolare, è ormai nota. Quando è nata?
Ce l’ho da sempre, io sono cresciuto con One Piece e Dragonball che ormai hanno 20-25 anni. Adesso con le mie esultanze in cui imito il personaggio di One Piece, questa mia passione è venuta fuori. Io sono veramente un super appassionato, frequento un gruppo di altri appassionati, ogni tanto facciamo i live su Twitch per parlare di questo manga che unisce, perché da veramente tante emozioni. E dentro ci sono tanti valori in cui mi riconosco, la perseveranza, il fatto di non mollare mai, il sapersi rialzare – il protagonista sono più le volte che perde che quelle che vince – il migliorarsi e cercare di superare i propri limiti. E ancora l’amicizia, avere dei compagni da supportare, valori che ritrovi nella vita di tutti i giorni. Consiglio a tutti di leggerlo perché è molto emozionante, ve lo posso garantire.

A Modena hai trovato qualcuno con la tua stessa passione?
Guarda, devo dire che nello spogliatoio qualcuno mi prende ancora in giro, mi dicono ‘hai 31 anni basta con i manga e i cartoni animati, è ora di fare un figlio’. Io di solito rispondo: ‘guardate che appena faccio un figlio i manga glieli faccio leggere’. Con qualcuno però ho trovato un’intesa, sono riuscito a inserire in questo mondo Poli, che è diventato anche lui un super appassionato. Quando siamo in ritiro parliamo spesso di “One Piece”.

Se non fossi riuscito a fare il calciatore cosa ti sarebbe piaciuto fare?
In realtà non ho mai avuto un’alternativa, sono sempre stato concentrato sul cercare di fare il calciatore, è sempre stata la mia grande passione e, devo dire, sono stato bravo e fortunato a riuscirci. Un vero piano B non l’ho mai avuto.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Tornare a San Siro con il Modena, contro Inter o Milan va bene uguale. Ci credo tanto e abbiamo la fortuna di avere una società incredibile che lavora per raggiungere questo traguardo e alzare il livello in tutto e per tutto. Hanno costruito una vera famiglia e questa è la nostra forza.

Tu sei un giocatore di fantasia, il presidente, nel suo lavoro, è un creativo, che rapporto hai con lui?
Ci siamo intesi subito, fin dalla prima volta che ci siamo parlati l’anno scorso. Le persone che hanno una luce negli occhi come hanno i Rivetti, con sempre voglia di imparare, di stupire di metterci tutta la passione e il cuore possibili, sono talmente rare nel mondo di oggi che vanno tenute strette e io mi ritrovo molto in questi valori. Anche io ho sempre voglia di cambiare, di stupire, di migliorare, di fare divertire la gente e creare entusiasmo con passione. Quindi sono contento di avere una società così.

di Giovanni Botti

WP-Backgrounds Lite by InoPlugs Web Design and Juwelier Schönmann 1010 Wien