“Bobi Bazlen. I disegni dell’analisi”, una nuova mostra alla Biblioteca Estense

(foto da uff stampa Gallerie Estensi)

Dal 13 settembre al 16 novembre 2024 la Biblioteca Estense Universitaria  propone una mostra unica, che si inserisce perfettamente nel tema del Festivalfilosofia di quest’anno, dedicato alla Psiche. Saranno esposti oltre 80 disegni scelti tra i moltissimi realizzati dal 1944 al 1950 da Roberto “Bobi” Bazlen, ideatore della casa editrice Adelphi, che rappresentano il diario visivo della sua terapia pscicoanalitica con Ernst Bernhard – lo psicoanalista che ha traghettato l’analisi junghiana in Italia – basata sulla pratica dell’immaginazione attiva. Essa consiste nell’ esprimere con una tecnica diversa da quella abituale le immagini dei sogni e delle fantasie come chiave di lettura dell’inconscio.

Bernhard chiese a Bazlen, letterato, di disegnare, e questi man mano affinò la sua tecnica, partendo dal disegno a matita e a china, per arrivare agli acquerelli e nell’ultimo periodo ai mandala. I simboli, le figure e gli scenari onirici tratteggiati da Bazlen riportano inevitabilmente a simboli, figure e scenari che sono propri del racconto degli uomini fin dall’origine: il viandante, l’orientale, la coppia, il diavolo, l’isola, il gioco, il porto, il viaggio, la morte. Quasi sempre dietro ai disegni sono segnati la data del sogno e il momento in cui l’ha fissato su carta.

Associato a queste immagini, molto probabilmente, esisteva anche un diario dell’analisi, su cui aleggia una leggenda: inseguito invano, svanito nel nulla, escluso dal fondo delle sue carte. È invece chiaro che in quello stesso periodo Bazlen scrive il Capitano di lungo corso, in cui ricorrono molte di queste figure. Di quest’unico suo scritto è giunta a noi solo una versione frammentaria, avendo lui distrutto il manoscritto originale. I disegni sono stati lasciati da Ljuba Blumenthal, l’erede di Bazlen, a Luciano Foà, in un baule insieme a lettere, scritti, fotografie, agende, rubriche, appunti e materiali vari. Appartengono al ©Fondo Bazlen di Luciano Foà, per gentile concessione di Acquario Editore, a cui si deve la curatela della rassegna.

 

Chi era Bobi Bazlen

Nato nel 1902 a Trieste, morto nel 1965 a Milano. Italiano e tedesco, con gli occhi aperti sulla cultura mitteleuropea, che all’Italia era rimasta quasi sconosciuta. E triestino, con il respiro del confine dentro l’anima. Di quel respiro Bazlen incarna la parte espansiva, la mescolanza, l’andare oltre, il senso della tensione permanente, quella che l’amico Sergio Solmi chiamerà: “la massima apertura del compasso”. Lettore insaziabile, giovanissimo frequenta Umberto Saba, Pier Antonio Quarantotti Gambini, Edoardo Weiss e soprattutto Italo Svevo, che lui stesso segnala a Eugenio Montale, dando così inizio alla sua fortuna. Montale lo incontra nel 1924 a Genova, gli fa scoprire Franz Kafka, la letteratura mitteleuropea, fino a diventarne il consigliere occulto alla fine degli anni Trenta, quando collabora alla composizione de Le Occasioni.

Nel 1934 si trasferisce a Milano, dove nel 1937 incontra Luciano Foà con cui dal 1941 fino all’8 settembre lavora alle Nuove Edizioni Ivrea di Adriano Olivetti, il programma che ispirerà decenni dopo il catalogo di Adelphi. Nel 1939 Bazlen si trasferisce a Roma, in via Margutta, dove prende in affitto da due sorelle la stanza che per tutta la vita sarà la sua vera casa. Tesse legami disparati, lambendo mondi molto distanti tra loro: artisti, traduttrici cui insegna il mestiere, lo psicoanalista Ernst Bernhard e l’universo dell’analisi junghiana e dell’astrologia. Lavora come consulente occulto di molte case editrici: Carocci, Rosa e Ballo, Cederna, Frassinelli, Astrolabio, Bocca, Guanda, Bompiani, Einaudi, Boringhieri, cercando sempre di restare trasversale ai salotti intellettuali. Le sue proposte editoriali il più delle volte spiazzano gli editori e rimangono inascoltate.

Tra le eccezioni, le opere di Carl Gustav Jung che fa pubblicare ad Astrolabio e L’uomo senza qualità di Robert Musil a Einaudi. Nel 1962 con Luciano Foà e Roberto Olivetti fonda l’Adelphi, in cui può finalmente riversare il fiume di idee e autori a cui non era ancora riuscito a trovare sbocchi. E progetta la Biblioteca Adelphi, ispirandone per molti anni a venire il catalogo. Sfrattato nel 1965 dalla sua “tana” romana, vive mesi affannosi e muore all’improvviso il 27 luglio del 1965 in un albergo a Milano.

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