Va in scena giovedì 11 gennaio 2024 alle ore 20 e domenica 14 alle 15:30 “Otello” di Giuseppe Verdi in un nuovo spettacolo realizzato in coproduzione fra Teatro Municipale di Piacenza, dove lo spettacolo ha debuttato lo scorso dicembre, Teatro Comunale di Modena, Teatro Valli di Reggio Emilia, Teatro Coccia di Novara e Teatro Sociale di Rovigo. Giovedì 11 alle 18 si terrà anche “Invito all’opera”, incontro di presentazione in collaborazione con gli Amici dei Teatri Modenesi che ospiterà come relatore il giornalista Alberto Mattioli (ingresso libero da via Goldoni 1).
Maestro concertatore e direttore dell’opera sarà Leonardo Sini, alla guida dell’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini, del Coro del Teatro Municipale di Piacenza preparato da Corrado Casati e delle Voci bianche del Conservatorio Nicolini preparate da Giorgio Ubaldi. Il cast è formato da affermati artisti, a partire dall’Otello del tenore Gregory Kunde, oggi interprete di riferimento per questo ruolo nei maggiori teatri, dal soprano Francesca Dotto, al debutto in questa produzione nella parte di Desdemona e da Luca Micheletti (Jago), baritono già protagonista in importanti produzioni alla Scala di Milano e al Royal Opera House di Londra diretto da Riccardo Muti. In cartellone anche Antonio Mandrillo (Cassio), Andrea Galli (Roderigo), Mattia Denti (Lodovico), Alberto Petricca (Montano), Sayumi Kaneko (Emilia) ed Eugenio Maria Degiacomi (Un araldo). La regia è firmata da Italo Nunziata, con le scene di Domenico Franchi, i costumi di Artemio Cabassi e le luci di Fiammetta Baldiserri.
Penultima opera verdiana, il dramma lirico in quattro atti su libretto di Arrigo Boito, basato sull’omonima tragedia shakespeariana, debuttò al Teatro alla Scala di Milano il 5 febbraio 1887, dopo un periodo di lunghissimo silenzio del compositore: Aida, l’opera precedente, era andata in scena nel 1871.
Una “tragedia di tutti i tempi e di tutte le epoche”, la definisce il regista Nunziata, che in questo allestimento è “ambientata anche per i costumi e gli oggetti negli ultimi decenni del 1800, quasi ad evidenziarne, laddove possibile, la natura di dramma borghese dello svolgersi dell’azione e del sentimento”. “Una società ed un periodo storico – prosegue il regista – che non ha più cotte di ferro o armature, ma corazze ben precise fatte di particolari tagli degli abiti, di rituali e forme ineludibili di vivere sociale, di appartenenza per nascita a un mondo dove chi viene dal di fuori, pur avendo guadagnato con forza la sua esistenza e posizione in questa società adeguandosi perfettamente alle sue leggi sociali, sarà visto e ne rimarrà sempre come estraneo e straniero”.